
Le ferite al polso di David Rossi non compatibili con la caduta
25 Aprile 2025di Franco Capocchi
È per me un onore celebrare, per la prima volta in veste di Sindaco, il 25 Aprile.
Questa giornata non appartiene a una parte politica, e non deve mai essere usata come terreno di scontro. Il 25 Aprile è, e deve restare, la festa di tutti gli italiani che credono nei valori fondanti della nostra Repubblica: la democrazia, la libertà, la solidarietà.
Valori che la nostra Costituzione custodisce con parole chiare e forti:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.”
È nostro dovere, oggi come allora, difendere questi principi, consapevoli che sono frutto di sacrifici immensi e del coraggio di chi ha lottato per liberarci dall’oppressione.
In questa occasione solenne, sento il dovere di ricordare un’assenza che pesa: a Piancastagnaio non esiste ancora un monumento che ricordi le vittime locali della guerra, in particolare coloro che, nel 1944, persero la vita durante il passaggio dell’esercito tedesco. È tempo di colmare questo vuoto. È tempo di restituire a quelle persone, e alle loro famiglie, un luogo di memoria, di riconoscenza e di pace.
Tra il marzo e il giugno 1944, il nostro paese fu attraversato dal dolore. In quei giorni caddero:
l’8 marzo:
Florindo Guerrini, Libero Stolzi
il 16 giugno:
Meossi Orietta, Sbrolli Assunta, Venturini Bernardino
il 17 giugno:
Brogi Pietro, Capocci Giuseppe, Cioni Guido,
Vagaggini Imperia, bambina di sei anni, uccisa a Pietra Cupa,
Vichi Maria Oliva
il 18 giugno:
Batani Amelia, Borchi Luigi, Chitarra Giuseppe,
Gessani Francesca, Moretti Assunto, Paradisi Savina,
Sbrolli Francesca, di soli nove anni, al podere Erosa,
e infine Boni (o Buoni) Tancredi, anch’egli vittima di quella scia di violenza.
A loro dobbiamo molto più di un ricordo. Dobbiamo il silenzio rispettoso della memoria, l’impegno civile della gratitudine, la responsabilità di trasmettere la loro storia.
Non possiamo, inoltre, dimenticare le famiglie spezzate da quei giorni. Genitori, fratelli, figli che hanno visto scomparire i loro cari, spesso all’improvviso, senza poter nemmeno dire addio. Intere case segnate per sempre. La memoria non riguarda solo chi non c’è più, ma anche chi ha continuato a vivere portando dentro il dolore. A loro va oggi il nostro abbraccio più sincero.
Ed è proprio da quelle ferite che nasce la forza della nostra comunità. Da quel dolore condiviso, è cresciuto un senso profondo di solidarietà, di aiuto reciproco, di umanità.
Ecco perché sono orgoglioso di essere italiano, ma ancora di più di essere Pianese.
Piancastagnaio si è sempre distinta per il suo spirito solidale, per la capacità di accogliere e sostenere chi ha bisogno. Lo dimostra l’integrazione del popolo ucraino, che da anni è parte attiva e viva della nostra comunità.
In questa terra non c’è spazio per l’aggressione, per l’ingiustizia, per l’autoritarismo. Qui si coltivano la pace, la dignità, la libertà.
A chi, come me, non ha vissuto gli anni bui della guerra, può sembrare naturale svegliarsi ogni giorno in un Paese libero. Ma basta guardare oltre i nostri confini per capire che la pace non è mai scontata.
Per questo dobbiamo custodirla come il bene più prezioso, e continuare a dire grazie a chi, allora, ci ha regalato la possibilità di vivere come viviamo oggi.
Concludo con una frase semplice, ma che racchiude tutto il senso di questa giornata:
“Senza memoria, non c’è futuro.”
(discorso tenuto alla cerimonia del 25 Aprile a Piancastagnaio)