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Secondo il rapporto voluto dalla presidenza sudafricana del G20, tra il 2000 e il 2024 l’1% più ricco del mondo si è impadronito del 41% della nuova ricchezza. I divari raggiungono un livello «critico» nell’83% dei Paesi del pianeta, che rappresentano il 90% della popolazione globale
Squilibri in aumento anche nei Paesi ricchi «La democrazia sempre più a rischio»
Gli esperti guidati dal Nobel Stiglitz parlano di «emergenza globale della disuguaglianza». Proposta la creazione di un Panel internazionale che valuti le politiche nazionali e globali: «Serve un nuovo patto sociale su salari, fisco e investimenti»
Nel continente africano, dove entro il 2050 sarà nato un terzo dei giovani di tutto il mondo, quattro bambini su cinque non sanno leggere e scrivere, mentre in villaggi e città le scuole riducono orari e programmi perché molti governi locali sono a corto di fondi per pagare gli insegnanti e la corrente elettrica. A migliaia di chilometri di distanza, i rendimenti dei fondi azionari toccano nuovi record nei principali listini di Borsa, alimentati dalla corsa all’intelligenza artificiale. Due facce della stessa economia globale, due facce di mondi sempre più lontani fotografate ieri dal nuovo rapporto sulla disuguaglianza commissionato dalla presidenza sudafricana del G20: una mappa del pianeta dove la ricchezza si concentra come mai prima, mentre l’ascensore sociale si ferma a metà corsa. Il documento, elaborato dal Comitato di esperti indipendenti guidato dal Nobel Joseph Stiglitz, non parla più di semplice squilibrio, ma di «emergenza globale della disuguaglianza». E non è un’iperbole: tra il 2000 e il 2024, l’1% più ricco del mondo si è impadronito del 41% della nuova ricchezza creata, mentre la metà più povera della popolazione si è spartita appena l’1%. Dietro queste percentuali si nasconde un fossato che divide peraltro non solo Nord e Sud del pianeta, ma anche le stesse società “ricche”, scavando linee di frattura tra generazioni, territori e classi di uno stesso Paese. Una crisi che non è solo morale ma strutturale, capace di destabilizzare economie, alimentare sfiducia nelle istituzioni e minare la tenuta democratica. Il quadro tratteggiato dagli esperti è severo: l’83% dei Paesi del mondo, che rappresentano il 90% della popolazione globale, presenta livelli di disuguaglianza così alti da rientrare nella categoria “critica” di Banca mondiale. In queste società, avverte il rapporto, le probabilità di declino democratico sono sette volte superiori rispetto a quelle più eque. La concentrazione della ricchezza, ormai vertiginosa, si accompagna a un progressivo indebolimento del patto sociale. Ma oggi la disuguaglianza non si misura solo in termini di reddito o patrimonio. È diventata una crisi multipla, che investe i bilanci delle famiglie e quelli degli Stati. Molte economie fragili del Sud globale rischiano la bancarotta, dopo essere state spinte a indebitarsi e poi travolte da una serie di shock: la pandemia, il crollo dei ricavi in valuta estera, l’impennata dei prezzi di cibo e carburanti nel 2022, l’aumento dei tassi di interesse. Ne sono seguiti deflussi di capitali, svalutazioni, aumento dei costi di finanziamento e tagli drammatici alla spesa pubblica. Le riduzioni dell’aiuto pubblico allo sviluppo da parte dei Paesi ricchi e i tagli alla cooperazione internazionale aggravano il quadro.
È dentro questo scenario di fragilità diffusa che Stiglitz invita a riconoscere un nuovo tipo di emergenza globale. « Abbiamo imparato a parlare di crisi climatica, ma non abbiamo ancora avuto il coraggio di parlare di crisi della disuguaglianza », evidenzia.
Il rapporto avverte che la concentrazione della ricchezza rischia di aggravarsi ulteriormente nei prossimi anni: 70mila miliardi di dollari di patrimoni saranno trasferiti per eredità entro il 2035, con effetti devastanti sulla mobilità sociale. Nel frattempo, un essere umano su quattro nel mondo salta regolarmente un pasto, mentre il numero di miliardari tocca livelli record. Il documento mette in guardia anche contro l’impatto politico di queste distorsioni: dove crescono gli squilibri, cresce il potere delle élite economiche e si restringe lo spazio democratico. « La ricchezza estrema tende a trasformarsi in influenza politica, accesso privilegiato alla giustizia, controllo dei media», osserva il Comitato. Oggi, a questa dinamica si aggiunge la concentrazione del potere digitale: « Il controllo della piazza pubblica del XXI secolo – quella dei social e delle piattaforme tecnologiche – è finito nelle mani di pochi».
Le raccomandazioni sono chiare. A livello globale, il rapporto chiede una riforma delle regole economiche internazionali: revisione delle norme sulla proprietà intellettuale per garantire accesso equo a farmaci e tecnologie verdi; riscrittura delle regole fiscali per assicurare una tassazione efficace delle multinazionali e dei super-ricchi; un coordinamento più stretto sui temi del debito e della finanza pubblica, per evit are che l’austerità diventi l’unico orizzonte dei Paesi in difficoltà. Sul piano interno, si invita a un nuovo patto sociale: salari più giusti, fisco progressivo, investimenti nei servizi pubblici, sostegno ai lavoratori informali, lotta alla concentrazione economica. « Le disuguaglianze – evidenzia l’esperta Jayati Ghosh – non sono un destino ma una scelta politica, e come tali possono essere invertite».
Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha definito il rapporto «una road map per la dignità e la democrazia ». E ha avvertito: « Affrontare la disuguaglianza è la nostra sfida generazionale ineludibile». Le sue parole riecheggiano la lezione che emerge dal documento: non è solo una questione di equità, ma di sopravvivenza del sistema. Perché un mondo in cui metà della popolazione lotta per la sussistenza mentre una minoranza accumula ricchezze senza precedenti non è solo ingiusto: è instabile, vulnerabile e, in ultima analisi, insostenibile.





