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“The voice of Hind Rajab” sulla guerra a Gaza ottiene il Gran Premio della Giuria Leone d’argento per la regia a Safdie, Coppa Volpi a Xin Zhilei e Toni Servillo
In un’edizione fortemente caratterizzata dai temi politici e sociali la giuria premia il film più tradizionale del regista americano
Venezia
È proprio vero che le giurie dei festival di cinema, le cui insindacabili scelte sono spesso imprevedibili, hanno il potere di ribaltare il senso di un’intera selezione. E quello che è accaduto ieri alla Mostra di Venezia, dove per due settimane, grazie ai titoli invitati in concorso, ma anche fuori competizione e nelle sezioni collaterali, sono stati affrontati temi estremamente rilevanti per il presente che stiamo vivendo. Opere che, immerse in un mondo in fiamme, hanno mostrato traumi e ferite, accendendo i riflettori sull’insensata ferocia delle guerre e di regimi destinati a lasciare segni profondi su intere generazioni. Eppure, di fronte a una riflessione dai toni spesso accesi su questi argomenti capaci di appassionare pubblico e addetti ai lavori, la giuria di questa edizione del Festival, presieduta dall’americano Alexander Payne, sembra aver guardato da un’altra parte, a quell’arte che di certo fa i conti con il presente, ma che sembra al riparo dall’onda lunga dei conflitti geopolitici. Il Leone d’oro va infatti a Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch, un raffinatissimo divertissement sui rapporti familiari, tra lutti, equivoci, segreti, bugie e imbarazzi, che però non è certo il film più bello, interessante e significativo presentato quest’anno al Lido. Una scelta esclusivamente cinefila che rischia di risultare snobistica proprio in un anno in cui si avverte forte il bisogno di guardare al cinema come a un canale privilegiato per allargare un dibattito urgente sui problemi oggi più pressanti. La voce di Hind Rajab della franco- tunisina Kaouther Ben Hania, che nei giorni scorsi ha infiammato il Lido e commosso centinaia di festivalieri con la straziante storia di una bambina vittima dei massacri di Gaza, di ferma al Leone d’argento – Gran Premio della Giuria, una scelta che alla luce della direzione imboccata dall’intero palmarès, rischia di sembrare obbligata, concessa per non suscitare ulteriori polemiche. Era chiaro sin dall’inizio infatti che questo film non avrebbe lasciato Venezia senza un premio, ma in molti hanno scommesso sul premio più prestigioso. Festa per l’Italia che si aggiudica la Coppa Volpi grazie alla splendida interpretazione di Toni Servillo in La grazia di Paolo Sorrentino, dove veste i panni di un presidente della Repubblica italiano alle prese con l’imminente ritorno a casa e con diversi dilemmi morali. Napoli sale sul palco dei premiati anche con Gianfranco Rosi, che nel bellissimo documentario Sotto le nuvole mostra una terra in bianco e nero, alle falde del Vesuvio, tra presente e passato, realtà e magia. Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile invece a Xin Zhilei per il film Ri Gua Zhong Tian del cinese Cai Shangjun.
Il premio per la migliore regia va a un altro americano, Benny Safdie che in The Smashing Machine affida a Dwayne Johnson il ruolo di un lottatore di arti marziali miste costretto a fare i conti con il proprio corpo e una turbolenta relazione sentimentale. La migliore sceneggiatura è quella di À pied d’oeuvre scritto dalla regista Valérie Donzelli e da Gilles Marchand, che riflettono sul mondo del lavoro a partire da un aspirante scrittore ridotto in povertà da lavori occasionali e precari, mentre la giovane Luna Wedler è la migliore emergente di quest’anno e con Silent Friend dell’ungherese Ildiko Enyedi, film sull’interconnessione profonda tra esseri umani e mondo vegetale, vince il Premio Marcello Mastroianni.
L’Italia si fa notare anche nella sezione Orizzonti grazie alle interpretazioni di Benedetta Porcaroli, protagonista di Il rapimento di Arabella di Carolina Cavalli, e di Giacomo Covi, nel cast corale di Un anno di scuola di Laura Samani. Il miglior film è En el camino del messicano David Pablos su un giovane vagabondo e ribelle, la migliore regia quella dell’indiana Anuparna Roy per Songs of Forgotten Tree, su due giovani amiche in lotta per la sopravvivenza nella giungla urbana di Mumbai. Il Premio Speciale della Giuria va al giapponese Lost Land di Akio Fujimoto, su due bambini alla ricerca della famiglia perduta, e quello per la sceneggiatura a Hiedra dell’ecuadoriana Ana Cristina Barragan, che esplora il rapporto tra una madre e il figlio.
Arriva dalle Giornate degli Autori invece la migliore opera prima, Short Summer di Nastia Korkia, che mostra come la guerra e la paura si insinuino silenziosamente nella vita quotidiana di una bambina mentre il premio del pubblico della sezione Spotlight va a Calle Málaga di Maryam Touzani su una donna che sfrattata dalla sua dal figlio cerca di riappropriarsi di quelle mure dove ha vissuto per decenni.