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11 Ottobre 2024Sono circa un milione le persone in fuga dal conflitto che sta interessando il Libano. Un numero cresciuto a dismisura nelle ultime settimane che è andato a sommarsi a quello dei primi sfollati per via delle tensioni al confine con Israele registrate ormai un anno fa. Stavolta, però, tra quanti hanno dovuto lasciare la propria abitazione per mettersi al sicuro, ci sono anche gli operatori delle organizzazioni umanitarie che operano in Libano.
A tracciare un quadro aggiornato di ciò che sta vivendo la popolazione colpita dagli scontri in Libano è Luca Ricciardi, Head of program per tutta la regione del Medio Oriente del Jesuit Refugee Service (JRS), con sede a Beirut. A La Civiltà Cattolica ha raccontato qual è l’impegno del JRS in Libano in questi giorni e quali sono le difficoltà che stanno incontrando, anche come operatori. “JRS opera in Libano da tantissimi anni, principalmente sui temi dell’educazione, della protezione dell’infanzia e del supporto economico e imprenditoriale – ha spiegato Ricciardi -. In più abbiamo un altro settore che è di supporto alle comunità migranti che sono presenti sul territorio”.
L’acuirsi del conflitto in Medio Oriente, tuttavia, ha richiesto una rimodulazione dei programmi delle organizzazioni umanitarie che operano nel Paese, compreso il JRS. “Nelle ultime settimane la situazione è degenerata – ha aggiunto Ricciardi -. Abbiamo dovuto cambiare i nostri programmi e adattarli al contesto attuale, per cui adesso tutto il nostro team si è spostato verso il supporto alle comunità che si stanno muovendo dal sud o da est alla ricerca di luoghi sicuri dove rifugiarsi”.
Secondo Ricciardi, attualmente ci sono “circa 1,2 milioni di migranti interni, tra libanesi, siriani e altri ancora. Una piccola percentuale di queste persone aveva già abbandonato la propria casa l’8 ottobre dello scorso anno perché la situazione nel sud del Paese era già tesa e alcune comunità si erano già spostate, ma la maggioranza della popolazione in fuga si è mossa nelle ultime settimane. Di queste una parte è stata accolta nei 773 rifugi governativi, ma ce ne sono anche altri gestiti da organizzazioni non governative, tra cui anche JRS. Attualmente, infatti, JRS sta gestendo due rifugi per le comunità migranti, che sicuramente hanno avuto proprio nel JRS un punto di riferimento. Ad oggi ospitiamo un centinaio di migranti esclusi da altri contesti e che hanno trovato un posto sicuro negli spazi di JRS”.
Tra la popolazione in fuga, a Beirut, c’è anche il timore che il conflitto possa durare a lungo. “La situazione è molto tesa perché non si sa quanto possa andare avanti – racconta Ricciardi -. Attualmente gli attacchi sono più o meno confinati ad aree specifiche, ma non sembra ci siano prospettive per un cessate il fuoco”.
In difficoltà anche gli operatori locali delle organizzazioni umanitarie impegnate per dare supporto proprio alla popolazione in fuga dalle zone di guerra. “Anche il nostro staff è direttamente coinvolto – ha aggiunto Ricciardi -. Molti vengono dal sud del Libano e si sono dovuti spostare. Una parte dello staff è dovuta scappare in Siria e non sanno se le loro case sono ancora in piedi o se sono state bombardate. Da un lato c’è la voglia di poter supportare la popolazione più vulnerabile e bisognosa, ma allo stesso tempo sono gli operatori stessi ad aver bisogno di supporto, anche psicologico. Il desiderio di aiutare chi è in difficoltà è controbilanciato dallo stress e dalla frustrazione rispetto a quello che sta accadendo”.