Giovanni Maria Flick, ex presidente della Consulta, spiega perché il futuro sia una materia da costituzionalista. In ragione di una domanda: «Quale domani ci aspetta davanti a un’evoluzione tecnologica che dà un significativo contributo allo sviluppo dell’umanità, ma può imporre un drastico cambiamento ai modelli democratici?».
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione dello scambio di auguri al Quirinale, ha posto l’accento sull’«esigenza di regole» che anche gli «oligarchi» della rete devono rispettare.
«Le parole del Capo dello Stato mi hanno colpito per la profondità e lucidità con cui ha saputo declinare i problemi tecnici con la realtà. Un discorso molto completo che si apre con la speranza e si conclude con la fiducia, pur nella consapevolezza dei problemi che devono essere affrontati con la transizione tecnologica ed ecologica. Non bisogna dimenticare che la Costituzione, all’articolo 9, tutela il passato e il futuro attraverso lo sviluppo della Cultura».
Tutela il futuro?
«Il futuro è anche, se non soprattutto, l’ambiente. Nel 1948 i padri costituenti scelsero un termine che può sembrare ambiguo, “il paesaggio”. L’articolo da una parte si riferisce al patrimonio artistico e storico, dunque al passato. Dall’altra, si tutela la proiezione fra l’uomo e l’ambiente che lo circonda. Oggi dobbiamo porci un problema di eguaglianza fra l’uso che noi facciamo delle risorse naturali e quello che potranno fare negli anni a venire i nostri nipoti e i loro nipoti. Nel 2022 i “figli costituenti” hanno avuto l’idea sacrosanta di una modifica costituzionale, quella sì molto importante, introducendo più esplicitamente la tutela dell’ambiente e aggiungendo la biodiversità anche della specie umana e l’attenzione alle generazioni future».
Con l’intelligenza artificiale, vede il rischio di uno scenario «alla 1984 di George Orwell», per citare ancora un inciso del discorso del presidente?
«Non c’è dubbio. Non con essa di per sé ma con l’uso che se ne può fare. Non direi in Italia perché non abbiamo né il patrimonio di dati acquisito dai big dell’intelligenza artificiale né le risorse economiche. Tuttavia potremmo, senza rendercene conto, diventare condizionati da questi grandi gruppi oligarchici che peraltro ricorrono all’elusione fiscale, come ha ricordato il presidente. Vedo un pericolo di assuefazione. Questi cambiamenti non possono essere decisi da chi dispone di grandi risorse e di molti dati, ma devono essere filtrati e regolamentati dalle istituzioni politiche che rappresentano il popolo attraverso l’equilibrio dei poteri».
Anche di questo ha parlato il presidente: «Dal rispetto della libertà di ciascuno discendono le democratiche istituzioni, l’equilibrio fra i poteri, il ruolo fondamentale del Parlamento». Quest’equilibrio è minacciato dalla riforma del premierato?
«L’equilibrio fra i poteri è fondamentale. Se levassimo la “fisarmonica” al presidente, non potrebbe suonare la musica molto importante del suo discorso sui rischi dell’intelligenza artificiale. Creare una diarchia fra presidente del Consiglio eletto dalle Camere e presidente del Consiglio scelto dal popolo apre un fronte sulle possibilità di conflitti fra i due. In questo dualismo potrebbe prevalere chi ha tratto il potere dal popolo su chi lo ha tratto dal Parlamento. Quando penso al rapporto fra potere legislativo e governo penso poi a un altro problema».
Quale?
«La delegittimazione sistematica del Parlamento. In modo diverso, ma come si vorrebbe per il presidente della Repubblica, sembra confinato a un compito quasi notarile. Non solo con riferimento alla riforma del premierato, ma anche a un altro problema importante come l’autonomia differenziata. Non si può ridurla a un “contratto” fra il governo e la singola regione».
Secondo il presidente del Senato Ignazio La Russa, il Capo dello Stato negli anni ha «meritoriamente» assunto poteri più ampi, non previsti dalla Carta.
«La Costituzione li prevede eccome, nella misura in cui oltre a regolare una serie di competenze specifiche e puntuali attribuisce al presidente la rappresentanza del popolo italiano e la prima garanzia della Costituzione. In essa c’è il bilanciamento fra poteri dello Stato che il presidente ha voluto ricordare come premessa necessaria anche per non cadere nell’illusione di una via tecnologica che pretenda di risolvere tutto».
A proposito di «equilibrio fra i poteri», la tensione è sempre alta fra giudiziario, legislativo ed esecutivo.
«Fra potere giudiziario e potere politico si è creata una ferita consolidata negli anni, e spesso si riapre. È legata anche al fatto che la politica ha troppo spesso rinunciato ad affrontare problemi che le competevano in sede parlamentare. Per esempio, il problema del fine vita».
Lei la vede «l’opposizione giudiziaria» di cui parla il governo?
«Non può esistere un’opposizione giudiziaria. Esiste il diritto dei magistrati e dei loro organi rappresentativi di esprimere il proprio pensiero alla condizione che non interferisca nelle decisioni che ciascun magistrato deve prendere nell’esercizio della sua funzione».