di Anna Bandettini
Lettere, appunti, foto e documenti anche di opere mai realizzate dal grande regista approdano all’Archivio Storico della Biennale di Venezia che il 6 marzo celebra l’evento
Vigilia è lo spettacolo dietro al quale corro e che spero di fare prima di morire perché sento che sarebbe proprio la summa del mio lavoro, il mio spettacolo ideale, nel quale il pubblico giocherebbe un ruolo fondamentale». Chissà cosa sarebbe stato questo lavoro “epocale” che Luca Ronconi si apprestava a realizzare intorno al 1988-89 nello spazio industriale dell’ex-Ansaldo di Milano, una smisurata impresa delle sue, visionaria per l’epoca, con azioni simultanee, decine di attori e il pubblico nello spazio della scena, ancora più ardita del leggendario Orlando del 1969.
Vigilia è lo “spettacolo mai fatto” di Luca Ronconi e la sua storia emerge dalle carte dell’archivio del grande regista scomparso nel 2015, ricco deposito di materiali, foto, copioni e corrispondenze, che, proprio in questi giorni dal Centro Teatrale Santacristina, in accordo con Roberta Carlotto destinataria del lascito, approda alla prestigiosa sistemazione nell’Archivio Storico della Biennale di Venezia.
E non a caso, visto che con l’istituzione lagunare Ronconi ebbe una relazione importante da direttore del Festival di teatro, dal 1974 al 1976, e da vincitore del Leoned’Oro nel 2012.
«Per noi è un traguardo importante », commenta Roberto Cicutto, il presidente della Biennale, «Ronconi è parte della nostra memoria, e qui sarà conservata, digitalizzata, diffusa grazie alle nostre reti internazionali. Non solo: il Fondo Ronconi, come tutto l’archivio storico, sarà parte del nuovo Centro internazionale di ricerca sulle arti contemporanee la cui sede sta nascendo all’Arsenale, in stretto dialogo con le diverse arti della Biennale».
All’interno del Fondo Ronconi, Vigilia ha un posto a sé, accanto a un altro progetto mai nato, Latina e al dattiloscritto inedito di Guerra e estate,la commedia scritta negli anni Cinquanta da Ronconi, subito messa in un cassetto, e di cui Repubblica parlò per prima nel maggio del 2018. Documentato anche nell’autobiografia ronconiana, altro scoperta dell’archivio e pubblicata da Feltrinelli nel 2019 a cura di Giovanni Agosti, Vigilia, nasceva attorno a un copione, curato da due giovani assistenti di Ronconi, Maria Carmela Cicinnati e Peter Exacoustos. Era l’avventura di sette ragazzi nel labirinto di una Milano notturna: dai rispettivi padri è stata affidata loro una missione che si apprestano a compiere tra incontri, deviazioni, sperdimenti nella città che sarebbe stata ricostruita dentro l’Ansaldo per un centinaio di attori e circa duemila spettatori. «Doveva essere un viaggio visionario ma con la consueta precisione matematica di Luca», dice Roberta Carlotto. «Era un progetto già molto avanti — ricorda la scenografa Margherita Palli, tra le più fidate collaboratrici di Ronconi («non so più quanti spettacoli abbiamo fatto insieme, ma li ho amati tutti, anche Ignorabimus dove per la fatica ero diventata 48 chili ») — C’erano i costumi di Walter Albini, e quanto alla scenografia l’idea era di utilizzare oggetti dismessi della città: letti da ospedale, tavoli da ufficio, i tram di Milano e abbiamo anche le foto delle simulazioni. Il pubblico si sarebbe seduto attorno allo spazio dell’Ansaldo come in un grande ring o poteva scegliere di girare per seguire le varie storie».
L’archivio non dice perché tutto naufragò, se per ragioni economiche, per esempio, visto che si era ipotizzato un costo di tre miliardi e mezzo di lire. «Sta di fatto che oggiVigiliaci sembra una grande perdita per la cultura della fine del ventesimo secolo, anche se molte delle idee sceniche saranno recuperate qualche anno dopo nel ‘90 inGli ultimi giorni dell’umanitàalLingotto»,dice Giovanni Agosti, lo storico e critico d’arte che più ha rovistato nei materiali dell’archivio ronconiano. Potrebbe essere recuperabile oggi? «Ho l’impressione — è sempre il parere di Agosti — che sarebbe come Spielberg con Intelligenza artificiale di Kubrick: idea strepitosa ma deludente nella realizzazione. L’archivio va interrogato non per imitare Ronconi, cosa che gli farebbe torto, ma per studiare, per esempio, le tante figure decisive per il suo lavoro,la madre, Paolo Redaelli, Olghina de Robillant e soprattutto per cogliere l’importanza di questo artista geniale nella storia culturale del Novecento, non solo del teatro».
Di questo e molto altro si parlerà il 6 marzo nella Biblioteca della Biennale di Venezia dove per festeggiare l’arrivo del Fondo Ronconi è stata organizzata una giornata di studi con molti interventi ufficiali tra cui quello di Giovanna Giubbini direttore della Sovrintendenza Archivistica dell’Umbria che per prima ha archiviato e inventariato i materiali ronconiani, e le testimonianze di Giovanni Agosti, Oliviero Ponte di Pino, Stefano Boeri, Peter Exacoustos, Manuela Mandracchia, Margherita Palli, Ottavia Piccolo, Pier Luigi Pizzi, Massimo Popolizio.
Seguirà poi il 13, al Cinema Rossini di Venezia (ore 18.30) la proiezione del docufilm di Jacopo Quadri75 Biennale Ronconi Venezia: prodotto da Palomar, ricostruisce, attraverso le immagini di allora e lo sguardo di giovani spettatori come Sandro Lombardi, Federico Tiezzi, Giorgio Barberio Corsetti, l’avventura dei festival lagunari di Ronconi, quando portava Brook, Grotowski, il Living, l’Odin e altri maestri eretici della scena… Cioè, sempre grandissimo teatro.