Da lunedì 18 luglio mattina, il filologo e linguista Luca Serianni, 74 anni, si trova in ospedale in coma irreversibile a causa di un incidente che lo ha coinvolto (a Ostia, dove vive, un’auto lo ha investito mentre attraversava sulle strisce pedonali; la persona al volante gli ha prestato soccorso).

In molti e molte si augurano che le gravi condizioni dell’ex docente della Sapienza (ci ha insegnato dal 1980 al 2017) possano mutare. Nel frattempo si susseguono manifestazioni di stima e affetto nei confronti di un uomo che si è guadagnato in lunghi anni di docenza e rigorosa ricerca l’autorevolezza che lo distingue e insieme il ripetto verso una personalità riservata e sobria.

Di Luca Serianni si possono elencare molti lavori importanti, molti libri così come collaborazioni alla discussione pubblica sulla storia linguistica italiana, dal Medioevo a oggi. Socio dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia dei Lincei, vice-presidente della Società Dantesca, ha contribuito dal 2004 alla curatela del Devoto-Oli e ha curato i tre volumi di una storia della lingua italiana.

Dirige le riviste «Studi linguistici italiani» e «Studi di lessicografia italiana». Allievo di Arrigo Castellani, i suoi studi in rivita e per case editrici prestigiose cominciano fin dagli anni Settanta.

È tuttavia degli anni Ottanta (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi) la sua Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti (Utet). Ne seguiranno delle altre, a segnalare l’indefessa capacità di Serianni volta a trattare la lingua come una forma viva inestinguibile.

Anche di storie della lingua italiana ne ha redatte diverse, fino ad arrivare a quella in tre volumi (insieme a Pietro Trifone) edita da Einaudi nel 1993. Anche da un punto di vista didattico (in particolare con Giuseppe Antonelli) ha avuto modo di allestire manuali e lezioni introduttive, fino ad arrivare alla bella conversazione, intrattenuta proprio con Antonelli sul «sentimento» della lingua.

Il suo ultimo volume (edito un anno fa) si intitola Parola di Dante (Il Mulino).