
Ucraina – diplomazia in bilico, guerra ancora accesa
9 Agosto 2025
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9 Agosto 2025Sessantanove anni fa, l’8 agosto 1956, nella miniera di Bois du Cazier a Marcinelle, in Belgio, morirono 262 minatori, 136 italiani. Uomini partiti per necessità, finiti sotto terra in nome del lavoro. Da allora “Marcinelle” è diventata simbolo di fatica e sacrificio, ma anche di sfruttamento e diritti negati.
Oggi, quel simbolo non appartiene al passato. Nel 2025, in Italia, sono già oltre 500 le vittime ufficiali sul lavoro; altre stime parlano di 873 morti complessivi, una ogni sei ore. Dietro i numeri, le stesse cause di sempre: cantieri insicuri, appalti al ribasso, turni massacranti, controlli insufficienti. Per i lavoratori migranti il rischio è doppio: più pericoli, meno tutele, nessun diritto di cittadinanza.
A Rocca d’Evandro, Francesco Porceddu, 54 anni, è caduto in uno scavo ed è morto. L’ennesimo “operaicidio”, come li definisce il magistrato Bruno Giordano, «che non meritano nemmeno le frasi ipocrite di circostanza. Capita ogni giorno, quindi è normale. Avanti il prossimo».
Ieri, il Presidente Sergio Mattarella ha ricordato che «la lotta contro ogni forma di sfruttamento» è «un dovere universale». La Premier Giorgia Meloni ha annunciato una giornata europea per la sicurezza sul lavoro. Ma finché la sicurezza resta un costo da comprimere, e non un diritto da garantire, le celebrazioni rischiano di ridursi a liturgia.
Marcinelle non è un anniversario: è l’immagine fissa di un Paese che accetta che il lavoro possa uccidere. La vera commemorazione sarebbe fermare la strage.