di
Alberto Anile
Mezz’ora di Marco Ferreri inedito: tagliato, cassato, condannato ma per fortuna conservato. I tagli censori sono conservati per legge dalla Cineteca Nazionale, perciò esistono ancora, e quelli dai film di Ferreri, riuniti insieme, fanno un terzo di un’altra possibile pellicola, giocosa e insieme scandalosa.
La proiezione di questi lacerti ferreriani avverrà il primo aprile (il sottoscritto certifica che non si tratta di un “ pesce”) alla Sala Germi del Centro Sperimentale di Cinematografia, all’interno del primo festival che la Cineteca Nazionale dedica ai propri tesori (Custodi di sogni, ideato dal conservatore Steve Della Casa, a Roma dal 31 marzo al 6 aprile), introdotta da un incontro sul regista a cura di Fulvio Baglivi. Cosa sono questi tagli? Si tratta delle sforbiciate sulle copie presentate alla Revisione Cinematografica per ottenere il nulla osta: la procedura poteva dimostrarsi uno scoglio insormontabile perché la commissione poteva fare rilievi su singole scene, e se l’argomento del film non era in linea con i dettami governativi dell’epoca l’opera poteva anche essere bocciata. A Ferreri capita la prima volta nel 1963, quando L’ape regina, dove Ugo Tognazzi viene consunto dai doveri nuziali con Marina Vlady, è giudicato « decisamente contrario al buon costume, anche in relazione alla comune concezione della morale coniugale », giudizio ribadito da una seconda commissione che parla apertamente di « osceno » . In quell’occasione la produzione riesce ad aggirare il problema all’italiana, cedendo qualcosa, ma dando comunque soddisfazione ai censori: il film viene ripresentato con un titolo modificato,Una storia moderna – L’ape regina, si becca il divieto ai meno che diciottenni e ottiene il permesso di andare in sala. « La censura è diventata un fatto burocratico » , dichiarò Ferreri a un giornalista, «per me i censori sono dei personaggi di Kafka». Fra le contropartite rimasero comunque diversi tagli, che oggi appaiono castissimi, dove Tognazzi tocca i polpacci della Vlady o grufola soffocando con la testa sotto il lenzuolo.
La negazione del nulla osta a Ferreri non è un caso isolato. Malgrado il periodo cinecensorio storicamente più cruento, con feroci contrapposizioni fra Democrazia cristiana e sinistre, si sia chiuso a inizi Sessanta, se c’è di mezzo lui i contrasti vanno avanti. Nel ’ 65 risulta bocciato anche Marcia nuziale ancora con Tognazzi, perché «contrario al buoncostume e al comune senso del pudore » , poi salvato dopo vari tagli a tre episodi su quattro. L’uomo dei cinque palloni, dove le coccole fra Mastroianni e Catherine Spaak influirebbero «negativamente sulla particolare sensibilità dei minori», viene talmente tagliato che il produttore Ponti ne fa un episodio di 35 minuti per il trittico Oggi, domani, dopodomani ( 1964). Nel cestino finisce anche Gastone Moschin che abbraccia e carezza Carroll Baker in L’Harem( 1967), e un paio di stravizi hard impartiti da Andréa Ferréol inLa grande abbuffata ( gli unici tagli provenienti dalla Cineteca di Bologna).
Fra i tagli c’è anche materiale più recente, soprattutto da Storia di Piera (1983), da Maurizio Donadoni nudo e trepidante, a Hanna Schygulla e Isabelle Huppert che si confrontano i pettorali in spiaggia. L’ultimo inedito è una cinquantina di secondi erotici tolti da La carne, che è solo dell’altro ieri (1991).
A vederli tutti di seguito, questi tagli e taglietti, senza ricordare le scene a cui appartenevano, può venir voglia di dar ragione ai dirigenti ministeriali dell’epoca, senza contesto sembrano uno YouPorn primordiale. Vanno inseriti mentalmente nel vortice narrativo di un autore beffardo, intimamente libero («un mutante di cui non si saprà mai il pianeta d’origine » , copyright Michel Piccoli). Ferreri diceva che lo scandalo non gli importava ( « quando faccio un film, faccio un film e basta»), ma l’evoluzione di queste frattaglie narrative fa invece pensare che l’opposizione censoria lo divertisse e lo spingesse ogni volta in là: più veniva bastonato più la sua inclinazione alla provocazione si incardinava sullo sberleffo aggressivo.
Però poi il pezzetto che ti rimane nel cuore è anche il più innocente. Mastroianni e Spaak, giovani e bellissimi, tagliati dalla primissima versione diBreak up ( 1964), con lui che divora voluttuosamente della panna sull’ombelico scoperto di lei, entrambi più divertiti che eccitati. Sullo sfondo si sente a un certo punto un suggerimento, « Carezzagli i capelli…». È Ferreri, che si rivolge a Catherine Spaak con l’inconfondibile accento milanese. Uno scampolo di realtà che irrompe nella finzione, il set che si sovrappone al racconto, una voce impigliata nella presa diretta di una copia che – se approvata – avrebbe poi dovuto essere pulita. Non fu né approvata né pulita. E così la censura fa il miracolo, per una volta, di darci qualcosa in più anziché qualcosa in meno.