
Ampugnano: meno allusioni, più contenuti
25 Settembre 2025
Monte dei Paschi di Siena ha conquistato oltre l’86% di Mediobanca con l’offerta pubblica di acquisto e scambio. È una mossa che cambia la geografia del potere finanziario in Italia, ma la vera partita comincia adesso e non sarà senza conseguenze. Il nuovo assetto dovrà passare per un delicato gioco di nomine: MPS sta preparando la lista per il consiglio di amministrazione di Mediobanca e ha chiesto ai soci più pesanti, come Delfin, di indicare due nomi ciascuno. Anche il Ministero dell’Economia, ancora azionista di MPS, vorrà mettere il proprio consigliere. Il risultato di questo risiko di poltrone determinerà l’indirizzo strategico del gruppo nei prossimi anni.
In questa partita Francesco Gaetano Caltagirone è l’uomo da tenere d’occhio. Ha chiesto alla Banca Centrale Europea di poter superare il 10% di MPS, in vista di una possibile fusione completa con Mediobanca. Senza ulteriori mosse scenderebbe al 9% circa, ma se decidesse di rafforzarsi potrebbe salire fino al 19%. Un peso che non serve solo a incidere sulle decisioni di Siena e Milano, ma anche a consolidare la sua influenza su Generali, di cui Mediobanca detiene ancora un pacchetto rilevante. È quindi probabile che l’imprenditore continui a comprare, soprattutto se l’aumento di capitale che MPS dovrà lanciare per rilevare il restante 14% di Mediobanca dovesse aprire nuove finestre di ingresso.
E qui arrivano i rischi. Una fusione piena significherebbe diluire tutti gli azionisti: Delfin, Banco BPM e lo stesso Mef perderebbero parte del loro peso relativo. Per mantenere voce in capitolo dovrebbero investire ancora, in un contesto in cui le quotazioni di Borsa non sono stabili e l’integrazione tra due istituti così diversi è tutt’altro che scontata. Non basta sommare bilanci e reti: bisognerà unificare culture aziendali, sistemi informativi, strategie commerciali. Un passaggio sbagliato può trasformare un’operazione di rilancio in una zavorra.
Anche la governance è una mina vagante. I soci storici di Mediobanca potrebbero non gradire una gestione troppo sbilanciata verso MPS, e il rischio di conflitti interni è alto. La stessa Banca Centrale Europea dovrà dare il suo via libera per i nuovi assetti, e non è detto che le autorizzazioni arrivino senza condizioni. Intanto Mediobanca, storicamente il “salotto buono” della finanza italiana, si svuota: perde autonomia, ruolo e capacità di dettare l’agenda, diventando sempre più un’appendice della strategia senese. Infine c’è il mercato: se le promesse di sinergie non saranno accompagnate da numeri solidi, la punizione sarà immediata, con effetti negativi sul capitale e sulla credibilità di tutto il progetto.
La posta in gioco va oltre il semplice controllo di una banca: Mediobanca è il cuore di una rete di partecipazioni che tocca il mondo delle assicurazioni e delle grandi imprese italiane. Quello che si sta disegnando non è solo un nuovo polo bancario, ma un possibile centro di potere finanziario capace di condizionare scelte industriali e investimenti strategici. Proprio per questo la partita è delicata e rischiosa. Serve chiarezza sugli obiettivi, equilibrio tra gli azionisti e una rotta capace di convincere il mercato. Altrimenti, il matrimonio tra Siena e Milano rischia di trasformarsi in un lungo e complicato divorzio, lasciando di Mediobanca solo il nome e poco più.