Un libro sugli animali, impreziosito da illustrazioni di buona fattura, è sempre perfetto per un regalo, tanto più se si tratta di animali fantastici. Di animali che ci fanno compagnia da sempre se è vero che da quando ha avuto inizio quel complesso processo che ha portato allo sviluppo della massa cerebrale dei primi uomini, quello che essi hanno visto e rappresentato è per la maggior parte in relazione con il mondo animale, al quale sono infatti riconducibili le immagini che appartengono alle sfere dell’immaginazione, della religione e dell’arte.
Chiunque si avvicini allo studio delle diverse civiltà e dei modi nei quali gli animali vi siano stati rappresentati, deve prendere atto che fiabe, racconti, resoconti di viaggio, poemi, trattati naturalistici e filosofici, per non parlare di pittura e scultura, sono segnati da una immancabile compresenza di animali reali e fantastici, con frequente sovrapponibilità dei due ambiti, che non a caso sono stati considerati entità distinte solo a partire dall’Illuminismo. Naturalisti e collezionisti di provata fede positiva, come Ulisse Aldrovandi, in tutta serietà e convinzione hanno speso i migliori anni della loro vita ad analizzare e classificare bestie che ancora abitano il nostro pianeta accanto a creature che ai nostri occhi nulla hanno di verosimile.
Quasi in contemporanea qualche settimana fa sono usciti dal Saggiatore, nella collana «La Cultura», due testi sull’argomento. In La camera degli animali Racconti di tigri, fenici e altre creature fantastiche (a cura di Francesca Scotti, illustrazioni di Sara Bernardi, pp. 283, € 24,00) abbiamo racconti o testi poetici che vedono in campo animali cui la tradizione ha attribuito tratti e facoltà di alto valore simbolico. La curatrice ha selezionato i testi a partire dai classici (Luciano di Samosata, Lucrezio, il Fisiologo latino, Artemidoro) e ha compreso autori della letteratura italiana, europea ed extraeuropea (tra cui Verne, Wells, Dick, Kafka, Maupassant, Capuana, Freud, Tozzi). Tra gli italiani spicca un racconto inquieto di Grazia Deledda (Il sogno del pastore), una storia che sfiora il tema degli impulsi bestiali di un uomo che vive isolato con le sue pecore e la cui immaginazione è abitata da istinti primordiali che se pure esorcizzati chiederanno comunque la celebrazione di un sacrificio.
In queste narrazioni la favola, l’apologo o il racconto vero e proprio alludono alla zona indistinta in cui l’uomo riconosce nella bestia una dimensione altrimenti inattingibile (e rimossa) e coglie nella polisemia dei suoi tratti l’articolazione di un linguaggio tutto da decifrare. La camera cui il titolo fa riferimento è quello spazio segreto «in cui si possono incontrare tutti gli animali che l’uomo conosce». Un verbo, conoscere, che la curatrice sceglie a ragion veduta per l’ampiezza estrema del suo spettro semantico. Non è da escludere che l’idea della camera segreta sia germogliata dal racconto di Savinio Mia madre non mi capisce, qui riportato, in cui il protagonista dopo la morte della madre scopre una stanza segreta dove la ritrova trasformata in gallina. Quello di Savinio è un esempio efficace di come agisca il meccanismo che conduce ad affacciarsi nel mondo del perturbante, in cui gli animali parlano, alludono, significano.
A mettere in moto questo trapasso può essere un senso di colpa o altro fattore di discontinuità rispetto al contesto abituale. È appunto questo il caso di Li Zheng (nel racconto Cronaca della luna sul monte, del giapponese Nakajima Atsushi), uomo di valore sottoposto a superiori rozzi e arroganti e che un giorno l’amarezza e l’insoddisfazione trasformano in una tigre destinata a perdere progressivamente consapevolezza e memoria del suo essere stato umano.
Di tutt’altra natura Il grande libro degli animali immaginari con cui Boria Sax continua il suo percorso di ricerca sugli animali in rapporto al mito, avviato da più di vent’anni (traduzione di Valerio Camilli, pp. 340, € 48,00). A un impianto sostanzialmente descrittivo e tassonomico, con focus sul ‘meraviglioso’, Sax è andato accostando un metodo di indagine che guarda agli animali da una prospettiva antropologica. Uno dei risultati più significativi in questo senso è Gli animali e il nazismo, un testo del 2000 tradotto in italiano qualche anno dopo, sull’uso che il nazismo fece della figura animale vista come universo ‘specchio’ rispetto a quello umano, in cui il vertice della gerarchia è rappresentato dal cane, e che ripete la distinzione/separazione tra gli ariani e gli altri individui, classificati come inferiori.
Raramente Sax si concede il lusso del racconto e organizza invece un discorso, minutamente scandito, di quel che gli animali immaginari hanno rappresentato per l’Homo Sapiens: unicorno, fenice, basilisco, drago, sirena, cinocefalo… Più che riferirsi agli aspetti della meraviglia, qui Sax si muove nell’ambito della dimensione problematica. Non si contano i passaggi in cui egli ribadisce quanto incerti siano i confini di questi esseri e quanto indecidibili le questioni che i reperti a partire dall’età preistorica sollevano, di fronte ai quali l’approccio razionale vede le proprie armi sostanzialmente spuntate.
Il problema su cui Sax si arrovella anche in questo testo consiste nell’interrogarsi su cosa sia propriamente un animale (reale o fantastico) e dunque su cosa lo distingua dal Sapiens, problema irto di aculei considerato che l’etimo latino, anima, vale ‘soffio vitale’, ‘respiro’, ‘creatura’. Viene portata all’attenzione del lettore la mutevolezza e l’imprevedibilità della forma di un essere percepito come alter e coinvolto in un processo di evoluzione/trasformazione, che è esemplare in Quetzalcoatl, il serpente piumato della mitologia dei popoli mesoamericani, che presenta ali, scaglie e arti in un continuum impossibile da fissare.
Un passaggio fondamentale che segna la comprensione dell’animale da parte dell’uomo avviene con la comparsa delle prime società a struttura sociale complessa, basate sulla divisione del lavoro, una fase definita da alcuni antropologi come quella della ‘fluidità cognitiva’, condizione che consente un modo più articolato di rispondere ai fenomeni e rende possibile entrare in una rete di relazioni con le altre creature più ampia rispetto a quella semplice del rapporto predatore/preda. Un rapporto che nasce appunto come un binomio e che con il tempo origina un processo di progressiva integrazione-opposizione, da cui scaturiscono un’infinita serie di tappe segnate dal decisivo mutamento della ‘coscienza’ dell’uomo riguardo se stesso e riguardo gli altri esseri animati. Una dinamica che apre la possibilità per gli artisti dalla preistoria in poi di dare vita alla rappresentazione di creature ibride, entità definibili di volta in volta come animali immaginari o mostri. E del resto, viene da pensare, alle origini della letteratura non c’è quel Marduk che smembrando Tiamat, il drago madre degli dèi, divide l’indistinto e separa l’ordine dal caos, e dunque dà origine al cosmo? E le bestie immaginarie, ostentando un composto di parti eterogenee, non si configurano come immuni rispetto a tale separazione e refrattarie a un ordine così costituito?
L’autore dichiara apertamente di non poter assumere posizioni definitive sulla distinzione tra animali reali e immaginari e sostiene che tutte queste creature assorbono e riflettono la sostanziale insicurezza dell’umano nei confronti del mondo che lo circonda. Anche perché in definitiva a guardarli con occhio critico anche i presupposti della cultura si sottraggono a determinazioni inoppugnabili.
Dunque quegli incantevoli libri sugli animali esposti in bella vista insinuano in chi li consideri attentamente dubbi di difficile soluzione. Le ultime pagine di Sax dedicate ai Tamagoshi, che i cuccioli d’uomo della nostra èra razionale accudiscono con devozione, danno un colpo d’accetta fatale al nostro modo di pensare l’animale. E che di questi esseri (reali o immaginari che siano) abbiamo assoluto bisogno lo testimonia 2430 d.C., il racconto di Asimov riportato da Francesca Scotti, che vede il futuro del nostro pianeta, del tutto privato degli animali, ridotto finalmente a un definitivo e agghiacciante ordine totale.