Sulla notte degli orrori a cavallo tra il 20 e il 21 agosto, quando dieci migranti sono stati lanciati in mare con molta probabilità da uomini del governo di Tripoli, la procura di Trapani ha aperto un fascicolo d’indagine. È ancora contro ignoti e mira ad accertare le responsabilità dei fatti denunciati con un esposto da Mediterranea Saving Humans, l’ong che quella notte d’estate ha portato in salvo i naufraghi e che ora invita i magistrati siciliani a indagare per tentato omicidio. Un altro esposto, oltre a quello su cui lavora il pm Gaiatta, è stato inviato alla Corte penale internazionale.
«Dall’attenta visione delle fotografie scattate e dei filmati girati nel frangente da persone a bordo di nave Mediterranea, abbiamo avuto modo di constatare – si legge nell’esposto – che l’imbarcazione di tipologia militare che ha lanciato i naufraghi in mare a poca distanza dalla nostra nave è esattamente una di quelle della piccola flotta che ci ha circondato e ha cercato di intimidirci per farci allontanare dalle acque internazionali in cui stavamo svolgendo attività di monitoraggio Sar nella mattinata del precedente lunedì 18 agosto».
Dagli approfondimenti della ong è emerso che a bordo dell’imbarcazione, come già raccontato da Domani, ci fossero «militari dell’80esimo Battaglione per le “Operazioni speciali” della 111esima Brigata, capeggiata da Abdul Salam Al-Zoubi, attuale sottosegretario della Difesa nel governo di unità nazionale di Tripoli, nominato nel luglio 2024 dal primo ministro Debeibah».
Al-Zoubi, che nel mese di settembre ha incontrato al Viminale il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il capo della Polizia Vittorio Pisani e il direttore dell’Aise Giovanni Caravelli, sarebbe il “nemico” giurato di Almasri e proprio al torturatore libico rimpatriato a gennaio dal governo Meloni con un volo di stato starebbe dando la caccia. Da qui la “promozione” a sottosegretario della Difesa.
Torture e violenze
Sui motivi per cui i naufraghi, tutti provenienti dalla Libia, sarebbero stati gettati nelle acque internazionali – in piena notte e in mezzo ad onde alte circa due metri – lavoreranno, dunque, i pubblici ministeri di Trapani. I dubbi e le domande sono numerosissimi.
«Non si può escludere – si legge ancora nell’esposto – né che si tratti di soggetti coinvolti nel giro delle estorsioni ai danni dei migranti trattenuti in Libia, né che tale iniziativa fosse preordinata a sollecitare azioni di contrasto e repressione nei nostri confronti, né, ancora, che l’intenzione fosse quella di allontanarci dai luoghi che sono teatro di crimini efferati contro l’umanità e di altri traffici illegali».
Tradotto: perché quei militari hanno voluto allontanare Mediterranea dalla porzione di mare in cui si trovava? Cosa stavano nascondendo gli uomini della Brigata? Troppo presto per rispondere. L’unico fatto certo è che in questa storia ci sono dieci vittime: uomini e donne che hanno rischiato l’annegamento e la morte, dopo essere stati «sottoposti a violenze di ogni genere, lavori forzati, torture e detenzione arbitraria».
Al momento – trapela dalla ong – i naufraghi «appaiono estremamente provati e versano in condizioni di estrema vulnerabilità». Tra loro ci sono anche tre minori non accompagnati a cui adesso andrà «necessariamente assegnato un tutore».
Tramite il suo esposto Mediterranea chiede alla procura siciliana che vengano sentite come persone informate sui fatti, insieme ai suoi attivisti e «all’equipaggio a bordo della nave al fine di acquisire informazioni su quanto accaduto che siano utili ad accertare i fatti e le conseguenti responsabilità penali». Per Mediterranea, alla luce dei fatti, non ci sarebbero dubbi: «Il governo italiano appare complice del sistema».
Un fatto che, forse, è già stato testimoniato dalla gestione della vicenda Almasri, per cui il guardasigilli Carlo Nordio, il ministro Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano hanno ricevuto da parte del collegio speciale di Roma un provvedimento di autorizzazione a procedere perché considerati responsabili della liberazione di Almasri, ricercato dai giudici dell’Aja.
Il provvedimento, come noto, è al vaglio della Giunta per le autorizzazioni alla Camera che si riunirà la prossima settimana, e poi, il 30 settembre, deciderà sulla “sorte” dei fedelissimi della premier. Ma non lo farà su quella della capa di gabinetto di via Arenula, Giusi Bartolozzi, anche lei coinvolta nel caso Almasri e indagata per falso dalla procura ordinaria di piazzale Clodio.
Ora a indagare, su fatti differenti che però richiamano nuovamente la relazione ambigua dell’Italia con la Libia, è anche un’altra procura.