Alexandria e Santorini, secondo l’accusa, erano derivati presentati come finanziamenti e avrebbero causato a Mps enormi danni, occultando il dissesto costato la nazionalizzazione di emergenza del 2017. Una probatio diabolica quella tentata dai pm di Milano i quali, non potendo far scattare l’accusa di bancarotta, avevano cercato condanne per irregolarità contabili. Ma secondo la sentenza d’appello né Santorini né Alexandria dovevano essere classificati come derivati né si poteva affermare che fossero stati “architettati con l’unico scopo di ottenere un illecito vantaggio contabile”. Questo perché l’accusa non avrebbe considerato il principio contabile internazionale, recepito in Italia nel 2005, sulla base del quale tutte le transazioni vanno contabilizzare “nella loro sostanza e realtà economica e non meramente sulla base della loro forma legale”. Eppure che si trattasse di derivati era stato riconosciuto da Nomura, Deutsche Bank, Bafin (l’autorità tedesca di controllo dei mercati) e dalla stessa Consob.
A festeggiare la fine del rischio di danni legali per miliardi è soprattutto il Tesoro, primo azionista di Mps con il 64% dopo il salvataggio del 2017, che ha incassato un rialzo dell’azione del 5,69% a 2,6 euro e ora guarda con maggior fiducia alla possibilità di venderne una quota ai privati. A bocca asciutta, invece, i legali delle 1.300 parti civili, tra piccoli investitori e associazioni di risparmiatori che sulla pira del Monte hanno visto bruciare decine di miliardi. La sentenza di ieri, a detta di alcune parti civili che a mezza bocca parlano di “regìa politica” per evitare nuovi scossoni al sistema bancario, prefigurerebbe anche il possibile esito dei processi in corso per altri filoni di indagine sulla banca di Siena, che vedono imputati l’ex presidente Alessandro Profumo e l’ex ad Fabrizio Viola. Il 30 maggio 2019 la Cassazione aveva già reso definitiva l’assoluzione per Mussari, Vigni e Baldassarri nel processo per ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia sulla ristrutturazione del derivato Alexandria con Nomura: i vigilanti, dunque, sapevano esattamente cosa succedeva nel Monte dei Paschi.