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Monte dei Paschi di Siena ha rilanciato la sfida a Mediobanca, forte di bilanci più solidi e di un capitale che consente margini di manovra. Ma la scalata non si decide soltanto in Borsa: a pesare saranno soprattutto le mosse del governo e dei grandi soci che, da settimane, osservano con attenzione i movimenti intorno a Piazzetta Cuccia.
L’adesione all’offerta pubblica resta il primo banco di prova. Finora le adesioni hanno superato di poco il 20%, una soglia significativa ma insufficiente per rendere credibile l’operazione. Per avere successo serve arrivare almeno al 35%, con il 50% come traguardo vero e proprio. Senza questi numeri, l’attacco rischia di restare incompiuto. È qui che entrano in gioco i soci di peso, da Delfin a Caltagirone, che con le loro scelte potrebbero determinare l’esito della partita.
Accanto a loro c’è il ruolo del governo, che attraverso il Tesoro mantiene ancora una partecipazione importante in Mps. Palazzo Chigi non nasconde l’interesse per un’operazione che, se portata a termine, ridisegnerebbe gli equilibri della finanza italiana. Non a caso circolano già i nomi di possibili nuovi vertici in Mediobanca, figure considerate vicine all’esecutivo e in grado di garantire una governance allineata con le priorità politiche nazionali.
La sfida non è però priva di ostacoli. Le differenze tra i modelli di business delle due banche sollevano dubbi sulla reale capacità di integrazione, mentre da Bruxelles arrivano segnali di attenzione sui passaggi dell’operazione. A questo si aggiunge un contesto economico incerto, con tassi elevati e una crescita europea debole, che alimenta scetticismo sulla sostenibilità dell’offerta senese.
E poi c’è il peso della storia: Monte dei Paschi resta un istituto che porta sulle spalle anni di crisi e di salvataggi, un passato che il mercato non ha dimenticato e che rende più difficile conquistare fiducia piena.
La verità è che il destino di questa scalata non dipende solo dai conti o dalle adesioni raccolte. A decidere saranno i grandi azionisti e il governo, i veri arbitri di una partita che va oltre l’aritmetica finanziaria. Se Siena riuscirà a consolidare questi appoggi, allora Mediobanca potrebbe davvero cambiare volto; se invece dovesse prevalere la resistenza, l’offerta resterebbe una mossa incompleta. In ogni caso, l’assemblea di ottobre sarà il momento in cui si capirà se la finanza italiana sta per entrare in una nuova fase politica.