Fondazioni in campo per Mps: spuntano San Paolo, Cariplo e Crt
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MILANO — La banca più antica del mondo vale in Borsa 20 milioni, 1,95 euro per azione. Meno dei 2 euro dell’aumento di capitale: nonfosse che l’aumento è ultra-iper diluitivo, dal punto di vista delle quotazioni converrebbe comprare i titoli in Borsa. Poco meno di un chip, davvero simbolico, il prezzo del diritto (che potrà essere scambiato fino ad oggi): 20 centesimi,per sottoscrivere 125 azioni di nuovo conio. Quelle che, dall’inizio della prossima settimana, porteranno il Montepaschi a raggiungere i 2,5 miliardi di capitalizzazione. Morale: a chiusura dell’aumento, il 31 ottobre, l’intero valore della banca sarà nei mezzi freschi “raccolti” sul mercato.
Le virgolette sono importanti, perché le speranze di raccogliere molte risorse dal mercato sono ridotte. L’aumento di capitale però è blindato: tra impegni presi – in primis Axa, con 200 milioni – adesioni di alcuni investitori in caso di inoptato (sub-underwriting, a partire da Davide Serra) e infine il consorzio di garanzia delle banche (che metterà sul piatto fino a 307 milioni) il gioco è fatto. Il grosso, oltre 1,6 miliardi, è coperto dal Mef, finora primo azionista con il 64%, ed è sempre stato al sicuro.
Resta il fatto però che il mercato sta chiaramente sottolineando che considera poco appetibile il Monte; e pur considerando che i volumi sono molto sottili (e dunque ci vuole poco per muovere il titolo) da un punto di vista “estetico” il messaggio è negativo. E sta probabilmente a significare che solo una volta girata pagina, con una banca quasi nuova di zecca e con un capitale appena versato, gli operatori riprenderanno a puntare le loro carte sull’ad Luigi Lovaglio. E su una banca che, a questo punto, ha un multiplo pari a 0,25 volte il patrimonio tangibile, contro lo 0,48 di Popolare Sondrio, lo 0,31 di Bper e lo 0,73 di Intesa: insomma, a via di crolli (il 70% in un mese) il Monte ora non è più caro rispetto alle altre banche. Anche ieri il titolo ha perso il 2,01%, il diritto il 76,2 (e dal 17 ottobre il 97,5%). Insomma, Mps viene considerata una sorta di start up, che le istituzioni anche blasonate guardano a volte con benevolenza (pare che Crt, Cariplo e Compagnia di San Paolo stiano considerando di unirsi agli investitori). Altrimenti, ci penserà il consorzio a farsi carico dell’inoptato (mestiere per cui è molto ben retribuito).
Ieri intanto Lovaglio ha incontrato i sindacati. Non ci sono state decisioni ufficiali, ma è emerso «l’orientamento positivo» ad accogliere tutte le domande di esodo incentivato che sono arrivate: quindi, dovrebbero andar via 4.125 persone, di cui 4.005 dipendenti diretti del gruppo, su una forza lavoro di 21.200 unità. Il che significa che cresceranno le risorse per spesare le uscite (circa 950 rispetto gli 800 preventivati, per 3.500 scivoli) ma anche i risparmi futuri: oltre 300 all’anno (già dal 2023) rispetto ai 270 messi in conto prima. La decisione ufficiale sarà presa dal consiglio di amministrazione, post aumento di capitale. Ma sarà solo il suggello definitivo.