Il Monte dei Paschi chiude in utile il sesto trimestre consecutivo, con un risultato netto di 333 milioni, in crescita del 41% rispetto allo stesso periodo del 2023 e superiore alle stime di consenso, soprattutto grazie a un forte miglioramento delle commissioni dal risparmio gestito. I ricavi salgono sopra 1 miliardo. «Stiamo lavorando a pieno regime», ha commentato l’amministratore delegato Luigi Lovaglio, al quale è stato chiesto dagli analisti se Siena possa pensare ad acquisire “asset bancari”, segnale di come nei confronti della banca, ancora sotto l’influenza del socio pubblico, sia cambiata la percezione del mercato.
Crescita dei ricavi, riduzione dei costi nonostante l’incremento delle spese per il personale e tenuta del margine di interesse sono alcuni elementi positivi del trimestre sottolineati da Lovaglio, che ha evidenziato la forte posizione di capitale della banca, con un ratio Cet1 pro forma superiore al 18% del capitale. La stima di utile ante imposte di quest’anno viene confermata ad un livello superiore rispetto al 2023, al netto di rilasci degli accantonamenti legati ai contenziosi legali. Si tratta quindi di un’asticella posta a circa 1.240 milioni che Rocca Salimbeni pensa di poter migliorare a fine 2024 e su cui pagherà un dividendo in base a un pay-out ratio del 50 per cento. Il banchiere lucano ha spiegato agli analisti di non avere nessuna intenzione di acquisire asset bancari, pur avendo Mps una posizione di capitale molto forte, e ha ribadito la volontà di cogliere opportunità dalle partnership esistenti, come quella con Axa, ma che l’eventuale riacquisto dipenderà, ovviamente, anche dai partner.
Banca Mps in occasione della diffusione dei dati del semestre rivedrà poi alcuni target del piano industriale al 2026, anche perché è in anticipo sulla tabella di marcia. Lovaglio ha lasciato aperto uno spiraglio su una possibile revisione (più generosa) della politica del dividendo: «Sappiamo che dobbiamo continuare a migliorare la nostra performance operativa per remunerare adeguatamente i nostri azionisti in modo sostenibile». La banca presieduta da Nicola Maione continuerà a generare capitale grazie anche al “tesoretto” dei Dta (Deferred tax assets), trasformabili in crediti di imposta, che Siena continuerà a sfruttare nei prossimi anni. La banca di Rocca Salimbeni ha Dta non iscritti in bilancio per 2,5 miliardi, quasi tutti utilizzabili per avere un vantaggio fiscale.
Nel primo trimestre Mps ha aumentato i depositi e registrato un’inversione di tendenza sugli impieghi alle Pmi che sono tornati a crescere dopo tre trimestri in calo. I crediti deteriorati netti a fine trimestre sono in lieve risalita su base annua a 1,8 miliardi e la percentuale di copertura si è attestata al 49,5%. Mps registra un tasso di provisioning di 54 punti base, che un analista ha giudicato molto alto rispetto ai valori dei concorrenti. «Ci piace essere prudenti», ha replicato Lovaglio, aggiungendo che per una banca delle dimensioni di Mps mantenere quei livelli di costo del rischio «ci dà sicurezza per i mesi futuri se la situazione economica dovesse peggiorare».
Ultimo capitolo è quello dei contenziosi, a lungo la spada di Damocle sulle prospettive di rilancio della banca. Un problema superato ha affermato Lovaglio: «Per me è un argomento ormai chiuso». Dopo le sentenze di assoluzione dei manager che hanno guidato la banca in passato, Mps ha ridotto nettamente il rischio del cosiddetto “petitum”, pari a fine marzo a 1,33 miliardi, in linea con i valori segnalati a dicembre. Lovaglio ha aggiunto di essere fiducioso anche sull’andamento del contenzioso civile sui deteriorati dopo che al processo in fase di avvio sono state escluse 300 parti civili. «Il rischio è limitato – ha aggiunto – ed è solo questione di tempo».