C’è un fattore M che divide la maggioranza di governo. M come Musk, ma anche M come Marina (Berlusconi) e come Merz (il candidato cancelliere della Cdu in Germania, guida del Ppe di cui fa parte Forza Italia). E M, naturalmente, come Meloni (Giorgia). Da giorni taciturna sul piano internazionale, almeno fino all’intervento di ieri in collegamento con la Conservative Political Action Conference (Cpac), e come un carrarmato sulle questioni interne, con l’attacco ai giudici colpevoli di aver condannato in primo grado il sottosegretario Delmastro.

Dopo aver composto per mesi l’elogio dell’ambiguità, i cantori di Meloni hanno cominciato nei giorni scorsi a esaltarne la virtù del silenzio. A dimostrazione della difficoltà politica in cui si trova la premier. Chiamata continuamente a rilanciare la sua immagine di leader internazionale, anzi, stellare, e al tempo stesso preoccupata, nella gestione quotidiana, di ritornare a fare la capa dei Delmastro d’Italia.

Sabato Elon Musk ha dedicato una sventagliata di tweet a favore di Afd, in uno ha condiviso l’immagine di Alice Weidel in armatura, come la capitana di ventura che salverà la Germania e l’Europa. Meloni dovrà faticare ancora molto per trovare nell’amico Musk il sostegno che il padrone di Tesla ha assicurato all’Afd e alla sua leader fino a poche ore dal voto. Sapremo oggi se ha funzionato e se il risultato delle elezioni tedesche terremoterà anche il grande paese europeo che finora ha escluso l’estrema destra dai giochi per il governo.

Gli attentati degli ultimi giorni in Germania e in Francia sembrano alimentare il vento elettorale in favore dei movimenti di destra e stringono in una morsa i partiti tradizionali, il centro tradizionale e la sinistra socialdemocratica che hanno retto il governo dell’Europa per decenni. Di certo il cordone sanitario non regge più oltreoceano.

L’onda tellurica del primo mese di seconda presidenza Trump ricorda il mese in cui cadde il muro di Berlino, nel novembre 1989, a differenza di allora punta a travolgere i governi dell’Europa occidentale. La Germania è il cuore dello scontro, l’Italia è il laboratorio, il prototipo, ma anche il campo di battaglia, come fu nell’epoca della guerra fredda.

Meloni è intervenuta sabato in collegamento alla Cpac, quel ritrovo dove Steve Bannon si è candidato al remake di Fascisti su Marteperfino il lepenista Bardella si è scandalizzato. È stato qui che Meloni aveva fatto il suo vero debutto sul palcoscenico internazionale, sei anni fa, era il 2 marzo 2019, unica politica italiana invitata a parlare davanti a Trump: «La democrazia in Europa è diventata un inganno. Si arriverà allo scontro finale Europa contro Europa: la nostra Europa, con le sue radici greche, romane e cristiane contro l’Europa dei Macron e delle Merkel, di chi vuole sempre maggiore cessione di sovranità dagli Stati nazionali ai tecnocrati».

Nel 2022 Meloni è tornata alla Cpac, in Florida, per assicurare il suo sostegno all’Ucraina, gradino fondamentale della sua scalata al potere, era il 26 febbraio, Putin aveva invaso il paese solo due giorni prima, la leader di Fratelli d’Italia, ormai primo partito italiano, assicurò il suo schieramento senza se e senza ma: «Siamo dalla parte del diritto internazionale, della libertà, di una nazione orgogliosa che sta insegnando al mondo cosa significhi combattere per la libertà».

Oggi questo schieramento si è fatto sabbioso. Gli alleati di governo si riposizionano. La Lega di Salvini torna sulle posizioni di partenza, quelle dell’epoca dell’accordo con Russia Unita, anti-Zelensky e filo-Putin, forte del fatto che questa volta a rivendicarle è il presidente americano in persona. In Forza Italia, al contrario, Antonio Tajani modello Gertrude Stein (una rosa è una rosa è una rosa) ripete che la sua famiglia politica è quella dell’Europa e quelle di Meloni e Salvini è un’altra.

Sabato era a Pietrelcina, omaggiato da un ritratto pirografico in oro zecchino di un artista locale. Ma ci vorrebbe l’ubiquità di padre Pio per stare al governo contemporaneamente con gli amici di Trump e di Musk e guidare un partito dove gli azionisti di maggioranza sono i popolari tedeschi e Marina Berlusconi. Troppo anche per lui. E infatti sabato il ministro degli Esteri ha ribadito che la salvezza della Germania e dell’Europa passano dalla vittoria di Merz e non dell’Afd, «nemica dell’Italia».

Peccato che gli amici dei nemici siano amici della premier Meloni e dell’altro vicepremier Salvini. La maggioranza di governo si divide dal fattore M (Musk, Marina, Merz). Allacciamoci le cinture, in attesa che la M più importante, la premier, decida cosa fare. Oltre che evocare complotti contro opposizioni che, in tutta evidenza, sono ancora più divise.