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La battaglia tra Monte dei Paschi e Mediobanca si è trasformata in un duro confronto tra i grandi protagonisti della finanza italiana, con al centro l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, e l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone.
Tutto è partito dall’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da Mps per conquistare Mediobanca. L’amministratore delegato di Siena, Luigi Lovaglio, punta ad arrivare al 50,1%, ma anche con il 35% il controllo sarebbe assicurato. Un’operazione che però Nagel ha guardato con sospetto fin dall’inizio, definendola opaca e ricca di “quattro anomalie” che ha spiegato agli analisti. Non si tratta solo di numeri o di strategie, ma di trasparenza e correttezza nei passaggi di capitale.
Nagel ha fatto notare come, in vista dell’assemblea Mps di aprile, ci siano stati forti acquisti di azioni, tra il 10 e il 12% del capitale, da parte di soggetti che poi si sono presentati anche all’assemblea di Mediobanca a giugno. Tra questi ci sarebbe anche il gruppo Caltagirone. Ma l’imprenditore ha risposto duramente, parlando di «falsità» e sostenendo che il suo gruppo aveva già superato il 9% ben prima di aprile. Ha poi accusato Nagel di aver detto il falso anche sulla vendita delle azioni Mps da parte del Tesoro nel novembre 2024: secondo Caltagirone, il suo gruppo aveva offerto un prezzo superiore a quello finale di vendita.
Mediobanca, con freddezza e precisione, ha chiarito che Nagel non ha mai commentato il prezzo di quella vendita, e che i numeri dimostrano la progressiva crescita della quota Caltagirone da dicembre 2024 (5%) fino a quasi il 10% ad aprile 2025. Le parole di Nagel, insomma, si basavano su dati di fatto. E quando Caltagirone ha rilanciato sostenendo che quanto non detto era stato “scritto”, Mediobanca ha fatto notare che i documenti ufficiali riportano solo constatazioni sui premi pagati rispetto al prezzo di mercato, non giudizi di merito.
Nagel ha scelto la via della trasparenza, provando a difendere l’indipendenza di Mediobanca da un assalto che giudica poco chiaro nei suoi movimenti preliminari. È una posizione di responsabilità, quella di chi deve tutelare un’istituzione storica della finanza italiana e i suoi equilibri, anche nel legame con Generali.
Intanto, Lovaglio ha già detto che con l’Ops compiuta servirà un nuovo amministratore delegato per Mediobanca, ma il mercato sembra ancora in attesa. In Borsa, le azioni di Mps e Mediobanca viaggiano vicine, segno che nessuno dà ancora la partita per chiusa.
Nagel resta al centro della scena, e in molti nel settore continuano a riconoscergli lucidità e determinazione in una sfida che non è solo finanziaria, ma riguarda il futuro della banca e il rispetto delle regole del mercato.