“In Vietnam ho dovuto esercitare al massimo i miei sensi: vista, udito, olfatto. Era una questione di sopravvivenza”: oltre mezzo secolo dopo, l’esperienza del Vietnam continua ad essere nella mente di Henry Threadgill, e ritorna anche nella conversazione con il sassofonista, flautista, compositore afroamericano che la 60a edizione del festival del jazz di Berlino (2-5 novembre) ha offerto a corredo della sua esibizione. Come racconta in Easily Slip into Another World. A Life in Music, la sua autobiografia uscita nei mesi scorsi, in Vietnam Threadgill, arruolatosi volontario per poter prestare il servizio militare come musicista, fu spedito nientemeno che per via di un arrangiamento. Nel ‘67, incaricato di preparare una medley di Star-Spangled Banner e altri brani “nazionali” destinata ad essere eseguita da una banda dell’esercito in una cerimonia con alte autorità militari, politiche e religiose, Threadgill, all’epoca calato nell’ascolto di Monk e Stravinski, allestì un arrangiamento sì un po’ sofisticato ed irrituale, ma senza immaginare di suscitare lo scandalo di un vescovo cattolico che dopo poche battute interruppe l’esecuzione al grido di “blasfemia!”: subito trasferito in Vietnam, all’inizio del ‘68 Threadgill si trovò nel bel mezzo dell’offensiva del Tet. Questa disavventura però musicalmente non lo ridusse affatto a più miti consigli, semmai contribuì appunto ad acuire ulteriormente una sensibilità che ha fatto di lui uno dei maestri dell’avanguardia di Chicago: come le altre più importanti figure della sua generazione espresse dalla AACM, la cruciale associazione fondata nel ‘65 – Roscoe Mitchell, Anthony Braxton, Wadada Leo Smith – Threadgill, che compirà 80 anni il febbraio prossimo, è ancora artisticamente sulla breccia.

MA LE SUE ESIBIZIONI in Europa sono ormai rare. Con fondi per la cultura di Berlino capitale, il Jazzfest Berlin gli ha commissionato una composizione per una compagine di quindici elementi, creata combinando il quintetto Zooid di Threadgill – con musicisti che hanno una profonda confidenza con la sua musica come Liberty Ellman, chitarra acustica, e José Davila, tuba – e Potsa Lotsa XL, formazione della sassofonista berlinese Silke Eberhard. Dopo avere anticipato la partitura ai musicisti di Potsa Lotsa, a Berlino Threadgill ha provato meticolosamente per quattro giorni. La composizione era costituita da alcuni passaggi tematici e da numerose sezioni assegnate al protagonismo – ma misurato – di uno o più strumenti: in alcuni casi lo strumento in evidenza ha l’accompagnamento di alcuni altri strumenti – per esempio uno dei due violoncelli, suonato con l’archetto, è accompagnato dall’altro violoncello, pizzicato, e da contrabbasso, tuba, chitarra, batteria e percussioni – altre volte è in completa solitudine. La sezione di apertura ha un andamento ondeggiante, con una leggerezza e un sottile, sublime senso di musica da ballo tipici di Threadgill; ai musicisti è richiesta forte immedesimazione nello spirito del lavoro e grande cura esecutiva, e la scommessa è di dare una fisionomia unitaria ad una composizione in cui si avvicendano situazioni di organico ed espressive molto diverse, e – per così dire – di continuare a far sentire all’ascoltatore il particolare ritmo della composizione anche nelle sezioni in cui il ritmo esplicitamente non c’è: il ruolo della pulsazione della tuba in alcune sezioni è per esempio essenziale nell’imprimere nel fruitore la percezione di un ritmo che permane senza bisogno che venga ribadito costantemente.La composizione era costituita da alcuni passaggi tematici e da numerose sezioni assegnate al protagonismo – ma misurato – di uno o più strumenti:

NATURALMENTE un gioco di prestigio di questo genere riesce più facilmente (si fa per dire) con un piccolo gruppo di musicisti con lunga consuetudine con l’estetica di Threadgill come Zooid che con una formazione molto più ampia e musicisti alla loro prima volta con lui, e qualche smagliatura e qualche incoerenza si è avvertita: ma un’ora esatta di esecuzione è volata via in un attimo, senza stanchezza e con un respiro di non convenzionalità e bellezza che ha allargato il cuore. Sessanta edizioni del festival del jazz di Berlino, da sempre uno dei più importanti in Europa: ma i veri festeggiamenti saranno l’anno prossimo, per l’anniversario della nascita nel ‘64.