Un museo con molte riserve
21 Gennaio 2024‘Happy Days’ Got Us Unstuck in Time
21 Gennaio 2024
La studiosa racconta ruolo e rappresentazioni di questa parte del corpo da sempre legata alla nostra identità
Caro Verbeek lavora col naso, in tutti i sensi: storica dell’arte, è ricercatrice di «eredità olfattiva» alla Vrije Universiteit e al Rijksmuseum di Amsterdam e conservatore al Kunstmuseum dell’Aia. Ha scritto una tesi di dottorato sugli odori nel futurismo e si è resa conto che «all’Accademia ci insegnano solo a usare la lingua e i testi, ma non basta». Perciò, prima ha deciso di «raccontare la Storia attraverso gli odori» e poi di rivolgere la sua attenzione «allo strumento che ci permette di registrarli», a cui ha dedicato un saggio pieno di illustrazioni, curiosità e aneddoti, intitolato Sul naso. Una storia culturale (ilSaggiatore, pagg. 232, euro 24). «E poi ero anche interessata alle forme dei nasi – racconta – perché nella storia dell’arte se ne vedono di bellissimi e grandissimi»…
Caro Verbeek, che cosa ci dicono questi nasi?
«Oggi lo standard di bellezza è quello di un naso piccolo, non grande come il mio… Ma, vedendo così tanti quadri di uomini e donne con nasi grandi, si capisce come questo ideale sia cambiato nel tempo. Anche perché i nasi dipinti non erano quelli reali: i pittori aumentavano le dimensioni dei nasi».
Insomma il «naso grosso» era considerato positivo?
«È così. Per esempio quello di Dante Alighieri, molto elegante e aquilino, rappresentava il suo talento di poeta. Ma la sua maschera funeraria è di epoca successiva: il suo vero naso era più largo e voluminoso».
Perché questa correzione?
«Bisognava comunicare quei tratti del volto perché, in essi, le persone vedevano la prova che Dante fosse un grande poeta».
Come nasce questo legame fra naso e identità?
«Fin dai tempi di Aristotele si riteneva che le caratteristiche esteriori, e il naso in particolare, riflettessero quelle interiori e mentali. Gli scienziati hanno continuato a crederlo per secoli – con alcune eccezioni, come Leonardo da Vinci – fino a Lombroso… Si pensi che Napoleone selezionava il suo personale in base alla forma del naso».
È vero che Napoleone aveva un naso «speciale»?
«Acutissimo in tutti i sensi. Aveva un odorato sensibilissimo: durante il viaggio verso Sant’Elena soffrì di nausea tutto il tempo a causa della vernice della nave; e una volta rifiutò una donna molto attraente a causa del suo odore».
Al contrario di Giuseppina…
«Adorava l’odore di Giuseppina. Come attesta la famosa lettera: Sto tornando. Smetti di lavarti. Ma odiava il suo profumo, al muschio… Lui amava l’Eau de Cologne: a Sant’Elena ne sentiva così tanto la mancanza che chiese a un suo servitore di ricostruirlo con gli ingredienti dell’isola».
Il naso di Napoleone com’era?
«Diverso da quello dei dipinti. Come quello di Cleopatra, il naso più famoso della storia: a volte è dritto, a volte c’è una gobba, a volte è a uncino… Non sapremo mai come fosse davvero, ma siamo certi che sia stata ritratta così perché era un faraone donna, perciò doveva esibire il tipico naso del sovrano: grande e aquilino, oppure lungo e stretto».
Il naso più sorprendente?
«Forse quello, spettacolare, di Federico da Montefeltro, con la sua forma così innaturale: in duello aveva perso un occhio e, per vedere meglio con quello rimasto, si era fatto asportare chirurgicamente parte del ponte nasale; ma ciò che colpisce è che si sia fatto ritrarre così, quindi era orgoglioso del suo profilo».
Nasi «problematici»?
«Quello leggendario di Michelangelo, che si sbriciolò come un biscotto quando Pietro Torrigiano lo colpì con un pugno: rimase un buco, e l’artista se ne vergognava molto. Credo che il naso del David sia una sublimazione del suo».
Qualcuno è stato sfavorito dal suo naso?
«Darwin, poveretto. Quando voleva imbarcarsi sul Beagle, il capitano Fitz-Roy vide il suo naso e lo ritenne di scarso valore… Darwin, che era uno scienziato, non poteva crederci».
Il suo preferito?
«Quello di Laura Battiferri, una poetessa del ‘500, ritratta da Bronzino con un naso molto simile a quello di Dante. È il modo in cui Bronzino ci dice: qui c’è un poeta».
Che cos’è una «nasoteca»?
«Siccome a molte sculture mancano i nasi, a un certo punto alcuni restauratori decisero di ricostruirli; ma poi i criteri di conservazione delle opere cambiarono, e si decise di ritoglierli: così, a Copenaghen, al Ny Glyptotek c’è una sezione in cui sono in mostra tutti questi nasi».
Perché molte statue, come la Sfinge, sono senza naso?
«Molti sono caduti, ma tanti sono stati tagliati deliberatamente: per esempio, se un re cadeva in disgrazia, la sua statua subiva la cosiddetta denastatio. E così anche molte statue di divinità, perché si riteneva respirassero, e vivessero, attraverso il naso: quindi, per derubare il loro tempio, venivano uccise decurtandole del naso…»
I nasi entrano nei musei?
«Ci sono sempre più installazioni olfattive, per raccontare le opere attraverso i profumi. Al Rijksmuseum sono stati ricreati gli odori della battaglia di Waterloo: gli spettatori non solo guardavano il dipinto di Pieneman ma odoravano la scena e poi sentivano il profumo dell’acqua di Colonia di Napoleone. E tutti ricordavano la nonna… Ecco, questo lega la nostra memoria fisica e personale alla Storia più grande, e ci fa entrare in essa in modo diverso».
E la Biblioteca degli odori?
«È una creazione di Hisako Inoue, che ha raccolto e classificato i libri in base ai diversi tipi di odori: alcuni sono più dolci, altri sanno di pesce, tanti di vaniglia, di legno o di tabacco, dipende da chi li ha conservati… Un libro è come una fotografia degli odori dell’ambiente in cui si trova».