A poca distanza dalla cittadina basca di Gernika – tristemente famosa per il bombardamento italo-tedesco che il 26 aprile 1937 uccise centinaia di persone – sorge una delle più importanti riserve naturali della Spagna atlantica. Si tratta di Urdaibai («fiume dei cinghiali», in euskera), dichiarata Riserva Mondiale della Biosfera dell’Unesco nel 1984: una grande area umida dominata dall’estuario del fiume Oka circondato da monti e colli ricoperti di querce che digradano in un’estesa palude. In tutto 23 mila ettari che danno rifugio a centinaia di specie acquatiche, uccelli migratori e mammiferi.

SPETTACOLO PER LA VISTA, grazie ai continui mutamenti del paesaggio dovuti al ciclico innalzamento e abbassamento delle maree. Un’area protetta ma antropizzata che include, in toto o in parte, i territori di 22 villaggi di grande bellezza, sia sulla costa che all’interno.

È IN QUEST’AREA, PROTETTA DA VARIE norme nazionali e convenzioni internazionali, che la Fondazione Guggenheim, con il sostegno della Provincia di Biscaglia (quella di Bilbao) e del governo spagnolo, vuole piazzare una seconda sede del noto museo di arte contemporanea realizzato nel 1997 dall’architetto Frank Gehry nell’ex area industriale di Bilbao. La cosiddetta «estensione» era stata pensata sin dal 2008, ma poi fu accantonata a causa della pesante crisi economica che subito dopo colpì la Spagna. Recentemente, però, il progetto ha ripreso vigore, caldeggiato dal Partito Nazionalista Basco (Pnv) e dai socialisti (con alcune eccezioni) che governano assieme sia la provincia sia la Comunità Autonoma Basca.

A LUGLIO LA MINISTRA PER LA TRANSIZIONE Ecologica, la socialista Teresa Ribera, ha personalmente sponsorizzato l’ampliamento, ottenendo che il Consiglio dei ministri stanziasse 40 milioni di euro che si aggiungono alla somma analoga messa a disposizione dalla provincia. Come se non bastasse, a novembre la ministra ha concesso ai centristi baschi del Pnv la indispensabile riduzione da 100 a 20 metri dell’area di protezione delle coste.

IL PROGETTO PREVEDE LA REALIZZAZIONE di alcuni edifici presso l’ex fabbrica di piatti e posate Dalia di Gernika e presso il cantiere navale di Murueta. La prima è chiusa da decenni, il secondo invece è ancora in attività su un’area del demanio pubblico, grazie a una licenza concessa dagli amministratori franchisti scaduta nel 2018. Ad unire i due insediamenti dovrebbe essere un «percorso verde» di 7 km, parte del quale costituito da una lunga passerella piantata in piena palude. Per convincere i detrattori del progetto che le installazioni previste sono compatibili con la riserva naturale, il governo basco promette che il nuovo museo sarà aperto solo nei mesi estivi e che potranno accedervi «solo» 140 mila visitatori l’anno. I promotori assicurano che il nuovo polo turistico-museale darà vita a progetti di sviluppo culturale, economico e sociale innovatori e sostenibili e permetterà la creazione di centinaia di posti di lavoro.

MA LA STESSA MINISTRA RIBERA ha ammesso che «il progetto potrebbe generare danni irreversibili alla riserva naturale», esattamente ciò che temono molte amministrazioni locali, le associazioni ecologiste, i comitati degli abitanti e le coalizioni di sinistra EH Bildu (indipendentisti) ed Elkarrekin Podemos. A luglio il no al raddoppio ha conquistato, anche se per pochi secondi, la mondovisione, quando durante una tappa del Tour alcuni attivisti a bordo strada sono riusciti a scrivere Fuck Guggenheim con i cartelli che impugnavano, che in precedenza recitavano un innocuo Le Tour de France 23. Il 28 ottobre, poi, migliaia di persone hanno sfilato nelle strade di Gernika al grido di «Urdaibai non è in vendita, non tutto si può comprare». I manifestanti non hanno denunciato solo i danni ambientali, ma anche quelli sociali ed economici di un progetto, ha spiegato un portavoce del coordinamento Guggenheim Urdaibai Stop, che «renderà difficile la mobilità agli abitanti, farà aumentare i prezzi delle case, porterà lavoro precario e infliggerà un duro colpo alla sopravvivenza della lingua e della cultura basca».

OLTRE ALLE AREE STRETTAMENTE MUSEALI, infatti, il piano prevede la realizzazione di bar, ristoranti e parcheggi, senza contare gli effetti speculativi generati dal nuovo polo museale-turistico nei circostanti villaggi della riserva. Inoltre, i manifestanti hanno denunciato un’operazione grazie alla quale un soggetto imprenditoriale privato – la Fondazione Guggenheim – approfitterà di consistenti finanziamenti pubblici, provenienti in gran parte dal fondo europeo Next Generation, non solo per realizzare gli edifici, ma anche per portare a termine la bonifica del sito del cantiere navale. Un onere che, stando alla legge basata sul principio «qui inquina paga», dovrebbe essere a carico dell’impresa che ha sfruttato il demanio pubblico per 80 anni, oltretutto occupando abusivamente una superficie tre volte superiore rispetto a quella assegnata nel 1943.

LA CONTRARIETÀ DI UNA QUOTA importante importante della popolazione locale è tale che alle elezioni municipali di maggio, in molti dei comuni che ricadono nel territorio della riserva, il Partito Nazionalista Basco ha sofferto una pesante emorragia di voti ed è stato espulso da vari governi locali. Molti elettori hanno voluto punire la formazione che difende con più foga il progetto del Guggenheim Urdaibai e che ha già assegnato i primi appalti a imprenditori amici. Gli interessi in gioco sono consistenti, a partire dalla messa a profitto di una vasta area naturale finora rimasta fuori dai grandi flussi turistici. Le finalità artistiche di quello che gli ideatori definiscono «il naturale complemento» del famoso museo di Bilbao quasi scompaiono. Se le ragioni degli ecologisti e delle popolazioni locali non prevarranno, la Riserva della Biosfera di Urdaibai potrebbe diventare una delle ennesime «zone di sacrificio ecologico», immolate sull’altare di uno sviluppo effimero e distruttivo.