Nella nuova legge sul Csm e l’ordinamento giudiziario «ciascuna forza politica può riconoscere il proprio apporto», dice la ministra Cartabia benedicendo nell’aula del senato l’approvazione definitiva della sua terza riforma (dopo i codici di procedura civile e penale). È un modo possibile di raccontarla. L’altro è che nessuna forza politica della maggioranza rivendica fino in fondo la riforma. Il meno scettico è il Pd, che però è soddisfatto soprattutto per quello che ha evitato: il sorteggio come metodo di selezione dei magistrati nel Csm e la separazione totale e definitiva delle funzioni tra giudici e pm. Avremo però un sistema elettorale che molto probabilmente rafforzerà il peso delle due correnti della magistratura più forti e una separazione delle funzioni quasi totale.

La riforma passa così con 173 voti favorevoli, un centinaio meno di quelli previsti. Appena 16 sono gli astenuti, i renziani e cinque leghisti immarcescibili tra i quali Calderoli, Pillon e il presidente della commissione giustizia Ostellari. Tutti gli altri voti che mandano sono quelli degli assenti. Contrari 37: Fratelli d’Italia e gli ex 5S del gruppo misto.

La Lega alla fine, in prevalenza, vota a favore, dimostrando che quelle di Salvini e Bongiorno erano solo manovre di confusione per far dimenticare la sconfitta nei referendum. Protesta l’Associazione nazionale magistrati, che contro questo testo era arrivata a proclamare uno sciopero come solo nel 2005, sostanzialmente fallito. Il disegno di legge non è stato cambiato di una virgola e così l’Anm denuncia gli «aspetti fortemente negativi che mettono a rischio l’indipendenza dei magistrati». Non solo, secondo il presidente dell’Anm Santalucia «non si sono tratte le conseguenze del voto referendario. Se il corpo elettorale boccia la separazione delle carriere, non capisco perché si insista».

In un vertice martedì scorso, Cartabia ha spiegato ai rappresentanti della maggioranza perché non si poteva cambiare niente. Solo con la riforma approvata definitivamente può partire l’iter per la costituzione del nuovo Csm. Quello uscente scade il 25 settembre, adesso il ministero della giustizia ha un mese di tempo per disegnare i nuovi collegi elettorali delle toghe. Impiegherà assai meno tempo: i collegi territoriali sono solo sei (più due nazionali, uno per la Cassazione e uno per il recupero proporzionale), due per i pm e quattro per i giudici di merito. Dopo di che il presidente della Repubblica potrà convocare le elezioni del Consiglio con le nuove regole. Che l’obiettivo fosse questo Cartabia l’ha ripetuto anche ieri nell’aula del senato: «Lo scorso 3 febbraio le camere rispondevano con un lungo e sentito applauso all’invito del Presidente della Repubblica ad approvare in tempi brevi la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, oggi siamo qui per mantenere quell’impegno».

Mattarella convocherà le elezioni per la componente togata del Csm a settembre, non troppo presto per consentire ai magistrati un minimo di campagna elettorale oltre agosto, non troppo tardi per provare a rispettare la scadenza del 25. Dopo di che, però, le camere in seduta comune dovranno eleggere i dieci componenti (novità, prima erano otto) «laici». E qui rischia di saltare tutta l’urgenza del rinnovamento che ha portato ad accelerare l’approvazione della riforma. Perché è molto difficile che questo parlamento riesca a trovare facilmente l’accordo per scegliere i consiglieri laici con la maggioranza richiesta dei tre quinti. La composizione delle camere a pochi mesi dallo scioglimento non rispecchia le aspettative dei partiti. Fratelli d’Italia con i numeri attuali avrebbe diritto a un solo consigliere come i centristi, meno di Forza Italia e Pd mentre Lega e 5 Stelle continuerebbero a fare il pieno malgrado i sondaggi negativi. Non aiuta il fatto che a settembre, con una maggioranza ugualmente ampia se non di più, dovrà essere eletto dalle camere anche un giudice costituzionale.

La prova delle difficoltà sta nel fatto che per rispettare la scadenza dei quattro anni la seduta comune di camera e senato potrebbe essere convocata già a luglio, ma è un’eventualità che nessuno in parlamento considera e che anche fonti di governo smentiscono. Il rischio è che sia proprio il parlamento a ritardare l’insediamento del nuovo Csm. Senza i consiglieri laici, infatti, resteranno in carica gli attuali consiglieri. Eletti con la vecchia legge.