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4 Maggio 2025Piancastagnaio: per il 25 aprile il comune ha organizzato un incontro pubblico con politici e storici sul tema “Il 25 Aprile nella tempesta del presente”
Piancastagnaio: per il 25 aprile il comune ha organizzato un incontro pubblico con politici e storici sul tema “Il 25 Aprile nella tempesta del presente”, incontro dal quale è emerso sostanzialmente che il passato è ancora vivo “perché è stato rivisitato in termini di retorica e non di educazione civile”
28 Aprile 2025
Di Mariella Baccheschi
In occasione delle celebrazioni degli 80 anni del 25 Aprile, in ricordo della Liberazione dell’Italia dal giogo nazi-fascista, il comune di Piancastagnaio ha promosso un pubblico dibattito sul tema “Il 25 Aprile nella tempesta del presente”, venerdì 25 aprile, alla presenza del sindaco Franco Capocchi e dell’assessore alla Cultura Pierluigi Piccini. Intervenuti anche lo storico Andrea Ungari e il professore di Estetica Alberto Olivetti, mentre il dibattito è stato moderato dal giornalista e saggista Sergio Rizzo che ha esordito con una sorta di provocazione, chiedendo in maniera retorica perché si festeggiano il 25 Aprile e il 2 Giugno e non il 17 Marzo, la data della Unità Nazionale, come avviene nel resto del mondo. E ponendo altre domande scomode, “siamo sicuri che sia la fine di una guerra civile?”. E, ancora: “quando si arriverà al punto di non più guerre, anzi dell’armonia per il 25Aprile?”. Lo storico Ungari ha confermato che si può parlare di “guerra civile” per gli anni 1943-1945, quando gli italiani si vengono a trovare su posizioni opposte, gli uni contro gli altri. E ha parlato di “un ritardo” della destra italiana nel processo di rielaborazione storica, di reinterpretazione e revisione di eventi e/o interpretazioni del passato. Basti pensare alla pletora di simboli del fascismo che ancora restano nei palazzi, nelle piazze e nelle vie privi di targhe che possano contestualizzarli. E al professor Olivetti il moderatore Rizzo ha chiesto quando terminerà il Paese di volgere lo sguardo sempre al passato (nei programmi elettorali si parla ancora di “antifascismo”, per esempio) e comincerà a occuparsi del presente? Il passato – ha spiegato Olivetti – è ancora vivo, anche perché è stato rivisitato “in termini di retorica e non di educazione civile”, “più in targhe di strade che non in partecipate cognizioni civiche”. Siamo circondati da “ambienti fascisti”, che più o meno lasciano dei segni nel nostro inconscio. E, dopo che Rizzo ha rincarato la dose – in 15 anni dal 1025 al 1040 Mussolini, oggi “persona viva”, ha rifatto lo skyline di questo paese: città nuove, palazzi, strade, etc. e ha dato qualcosa un po’ a tutti” – Olivetti ha replicato che con la caduta del fascismo, non c’è stata una radicale trasformazione, non una netta rottura con il passato nella amministrazione dello Stato. Lo stesso Ingrao aveva ammesso la continuità di singoli individui nella organizzazione amministrativa del Paese. Sono stati affrontati anche altri temi, come la “non conoscenza” della Storia – la disciplina che si fonda su una metodologia scientifica e su dati oggettivi – anche e soprattutto da parte della politica. È infine intervenuto il professore Marco Giubbilei di Piancastagnaio, con l’esemplare racconto della vicenda tragica del nonno partigiano, Celso Giubbilei, a cui è stata intitolata la piazza di Gallina, frazione di Castiglione d’Orcia.