
Geopolitica: energia, conflitti e nuovi equilibri
15 Settembre 2025
Louie Louie – The Kingsmen
15 Settembre 2025
Il governo conferma l’obiettivo di riportare il deficit sotto il 3% del PIL entro il 2026, con l’intenzione di uscire dalla procedura di infrazione UE prima del previsto. Una buona notizia sul piano dei conti pubblici, ma che lascia aperte domande cruciali: a chi servirà la prossima manovra e quali priorità guideranno le scelte di spesa?
La discesa dei rendimenti sui BTP offre una finestra di respiro temporanea, ma non rappresenta una riforma strutturale. Il rischio è che il margine venga usato per misure di corto respiro, più utili a soddisfare i mercati e i vincoli europei che a rispondere ai bisogni del Paese.
Una prospettiva progressista richiede di sfruttare questa fase per investire in capitale umano e infrastrutture sociali: scuola, università, sanità, transizione energetica e digitale. Le risorse pubbliche dovrebbero essere destinate a ridurre le disuguaglianze e non a consolidare rendite o finanziare opere senza visione strategica.
In vista della legge di bilancio di ottobre, il dibattito politico si sta polarizzando: da un lato la retorica del rigore, dall’altro la necessità di rilanciare l’economia in modo equo. Il nodo sarà come conciliare i vincoli europei con le esigenze di un Paese che ha ancora salari stagnanti, bassa produttività e un Mezzogiorno che rischia lo spopolamento.
Il vero banco di prova del governo sarà trasformare i conti in politica di sviluppo, anziché in una semplice operazione di galleggiamento. Senza scelte coraggiose — redistribuzione, innovazione, sostegno ai lavoratori — l’Italia rischia di presentarsi alla fine del 2026 con conti in ordine ma con un tessuto sociale ancora più fragile.