Il presidente degli Stati Uniti ha detto «no» – finora – al sostegno di un attacco israeliano ai siti nucleari dell’Iran ma ha ammesso che sta «discutendo» con il governo di Benjamin Netanyahu della possibilità di mettere nel mirino le installazioni petrolifere della Repubblica islamica. Non che lo Stato ebraico aspetti il “permesso” dagli Usa per rispondere ai 200 missili lanciati da Teheran su tutto il territorio ebraico, martedì scorso, per vendicare la morte di Hassan Nasrallah e di Ismail Haniyeh. Lo stesso Biden ha precisato che Washington si limita a «consigliare» Israele.
Analisti ed esperti di sicurezza sembrano aspettarsi che Gerusalemme prenda di mira i siti di raffinazione del petrolio e il porto petrolifero dell’isola di Kharg, che gestisce circa il 90% delle esportazioni di greggio del Paese, per danneggiare l’economia iraniana, già debole. Tanker Trackers, un servizio online indipendente che analizza dati in tempo reale sul rapporto tra esportazioni marittime e geopolitica, ha rilevato, da mercoledì, una “fuga” di superpetroliere vuote della National Iranian Tanker Company proprio dal terminal di Kharg. Anche i mercati hanno accolto l’apertura di Washington verso l’ipotesi israeliana con un certo nervosismo, accompagnato dall’aumento dei prezzi del petrolio di oltre il 4 per cento alla borsa di New York. Oggi gli occhi saranno puntati sui funerali di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah eliminato a Beirut il 27 settembre da una cascata di oltre ottanta missili sul bunker sotterraneo dove era riunito con la sua catena di comando, già fortemente ridotta da una campagna mirata di Tsahal che non avrebbe lasciato scampo nemmeno al candidato designato a sostituire il leader con il turbante nero. Israele ieri sera ha condotto un attacco mirato a Beirut per eliminare Hashem Safieddine. Secondo i media libanesi non è ancora chiaro se sia stato ucciso.
Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi è in arrivo nella capitale libanese per incontrare funzionari del Paese. Ma gli onori della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e il corteo funebre in memoria di Nasrallah, così come fu per il generale Qassem Soleimani, si svolgeranno a Teheran. Le esequie del «martire dei martiri», riferiscono media libanesi ma mancano conferme da fonti ufficiali, si svolgeranno nella capitale iraniana in concomitanza con la preghiera del venerdì guidata da Ali Khamenei nel mausoleo dell’imam Khomeini. L’ultima volta risale al 2020, quando Khamenei celebrò l’attacco di Teheran contro una base americana in Iraq, come ritorsione per l’uccisione a Baghdad da parte degli Usa del comandante delle forze Quds delle Guardie rivoluzionarie, Soleimani. La sepoltura, invece, è prevista – secondo indiscrezioni raccolte da La Stampa – a Karbala, il massimo centro religioso dello sciismo. Teheran reagisce alla preoccupazione di una “sorpresa” israeliana con proteste e accuse al G7, giudicato «parziale e irresponsabile» nel suo sostegno allo Stato ebraico. A Beirut, invece, dietro le quinte – interpretano gli analisti i leader libanesi, anche quelli alleati da lunga data di Hezbollah, invierebbero segnali di apertura alle potenze occidentali, cercando di salvare i rapporti con il Partito di Dio. Con la dichiarazione del ministro degli Esteri Abdallah Bou Habib, che «la parte libanese aveva accettato la proposta di cessate il fuoco» ore prima dell’assassinio di Nasrallah, il presidente del parlamento Nabih Berri starebbe legittimando un eventuale accordo mediato con Israele, presentandolo come già approvato da Nasrallah. Se il Libano si accordasse con Washington e Parigi per la creazione di una “zona di sicurezza” nel Sud del Paese, Israele potrebbe ritenersi soddisfatto. Purché l’offensiva aerea e di terra di Tsahal faccia prima piazza pulita dalla presenza di Hezbollah. Il ministero della Salute palestinese ha segnalato almeno 14 morti in un raid aereo israeliano a Tulkarem, in Cisgiordana.