Domani ultimo giorno della Cop28, a Dubai è rush finale nei negoziati: si punta allo storico accordo per l’uscita dal fossile Al Jaber riunisce i ministri in una seduta di coscienza collettiva. La Cina abbandona i due alleati e sul clima passa con Usa e Ue
DUBAI — Sultan Al Jaber si è preso la scena: abito tradizionale arabo, sneakers ai piedi, microfono alla mano, come un predicatore della diplomazia climatica, si è collocato al centro del Teatro Al Waha, che a Cop28 ospita i grandi eventi. Intorno a lui, ha voluto i ministri degli oltre i 190 Paesi che partecipano ai negoziati di Dubai, per una sorta di seduta di autocoscienza collettiva, in cui ciascuno potesse esprimere liberamente le proprie opinioni e le posizioni dei rispettivi governi. Il presidente di Cop28 ha dato anche un nome a questa riunione fuori programma: “majlis”, termine arabo che indica, una sorta di gran consiglio.
Seduti in cerchio, giganti della politica internazionale come John Kerry, inviato speciale degli Stati Uniti per il clima, i rappresentanti della Ue come la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, la vicepremier spagnola Teresa Ribera, l’Inviato per il clima Wopke Hoekstra, ma anche rappresentanti di popoli e nazioni che rischiano di essere cancellati subito dai cambiamenti climatici. Quando è toccato a lui, il ministro di Samoa ha detto: «Voglio tornare a casa e poter dire alla mia gente che il futuro esiste ancora». La convocazione del “majlis” c’era stata pochi minuti prima, in una conferenza stampa improvvisata nell’atrio accanto alla sala delle plenarie. Come per sottolineare la gravità del momento, davanti a taccuini, microfoni e telecamere di tutto il mondo, Al Jaber aveva usato parole severe: «Voglio che tutti siano pronti a essere flessibili e ad accettare il compromesso. Ho detto a tutti di non presentarsi con dichiarazioni preparate e senza posizioni pregiudiziali. Voglio davvero che tutti superino gli interessi personali e inizino a pensare al bene comune».
Una mossa teatrale, pensata per provare a sbloccare lo stallo che sta fermando le trattative e che rischia di far fallire questa 28esima Conferenza sul clima, a poche ore dalla sua conclusione, prevista per la giornata di domani. Lo scoglio su cui si sono arenate le delegazioni è l’uscita dai combustibili fossili. Mai, in quasi trent’anni di trattative sul clima, si è arrivati, come qui a Dubai, a un passo dal mettere nero su bianco l’abbandono, graduale ma definitivo, di carbone, petrolio e gas, bruciati per oltre due secoli al fine di produrre energia. E invece, proprio nella Cop organizzata in un Paese produttore di greggio e presieduta da un petroliere (Al Jaber è ad della compagnia petrolifera nazionale degli Emirati), si è creata una larghissima maggioranza di Paesi, oltre 100, che vuole il phase out dei combustibili fossili. Lo hanno ricordato i leader europei proprio all’uscita dal “majlis”: «Abbiamo avuto colloqui con l’America Latina, il Nordamerica, l’Asia, l’Africa, le Piccole isole… C’è una super-maggioranza diPaesi che spinge per il traguardo più ambizioso», ha raccontato l’Inviato Ue Hoekstra. «Rappresentano la stragrande maggioranza dei Paesi e dei popoli della Terra».
Ma la maggioranza, anche se schiacciante, non basta: nelle Cop le decisioni si prendono all’unanimità. E basta un voto contrario a far fallire qualsiasi accordo. Tutti gli occhi sono puntati su Iran e Russia, che si muovono di concerto con l’Arabia Saudita. Grandi esportatori di petrolio (sauditi e iraniani sono soci fondatori dell’Opec, Mosca dal 2016 fa parte del club allargato Opec+), vedono nella piega che ha preso Cop28, una minaccia esiziale alle loro economie. Si spiega forse anche così la sortita di Putin la scorsa settimana a Riad e Abu Dhabi. Di sicuro c’è questo timore dietro la lettera con la quale l’Opec invitava i suoi membri a bloccare qualsiasi testo contenesse un riferimento ai combustibili fossili.
A preoccupare sauditi, iraniani e russi è anche la strategia adottata dalla Cina. Nelle ultime ore l’Inviato speciale di Pechino per il clima Xie Zhenhua ha dialogato lungamente con il suo omologo americano Kerry. I due si erano visti anche prima di Cop28, dando il via libera alla triplicazione delle energie rinnovabili installate nel mondo.
Ora Xie ha auspicato che nel documento finale le nazioni si impegnino a sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili. E ha lasciato intendere che nel testo ci dovrà essere un riferimento esplicito alle fonti fossili e al loro abbandono. Sarebbe una svolta epocale. E Sultan Al Jaber passerebbe alla storia. Vicini sauditi permettendo.