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Il Natale a Siena quest’anno si chiama Siena Incanta. Un programma ricco: luminarie, concerti, mercati, pista di pattinaggio, villaggio di Babbo Natale. Nulla da eccepire sul merito delle iniziative. Ma colpisce il linguaggio con cui vengono presentate.
Il comunicato ufficiale parla di «straordinaria città toscana», «palcoscenico emozionale di alto profilo artistico», «atmosfera senza tempo». Una sequenza di aggettivi enfatici che, invece di esaltare Siena, finiscono per indebolirne l’immagine. Se tutto è “straordinario”, nulla lo è davvero. Le grandi città non hanno bisogno di autoproclamarsi: lo sono, e basta. Quando Siena insiste, tradisce un senso di insicurezza.
Ancora più rivelatrici sono le formule che scivolano nel vuoto: «sinergia incentrata sulla sfericità» non significa nulla, se non la volontà di imitare un linguaggio da brochure manageriale. È qui che il provincialismo si manifesta: non nel fatto che Siena sia una città media, ma nel bisogno di fingersi grande con parole altisonanti.
Dietro questa retorica c’è una visione politica. La città diventa scenografia per turisti più che comunità viva. La cultura si riduce a prodotto da vendere. E ogni spesa pubblica deve essere giustificata con enfasi: i 139.000 euro stanziati per il “Natale delle famiglie” non vengono spiegati con semplicità, ma rivestiti di “meraviglia” e “incanto”, come se senza superlativi non bastassero.
Il rischio è la perdita di credibilità. Quando il linguaggio istituzionale diventa indistinguibile da quello pubblicitario, si rompe la fiducia con i cittadini. E i senesi, che conoscono bene la loro città, avvertono questa distanza tra retorica e realtà quotidiana.
Eppure Siena non ha bisogno di superlativi. Ha un patrimonio, una storia, una bellezza che parlano da soli. Basterebbe raccontare con sobrietà: “Dal 6 all’8 dicembre Mercato nel Campo con 130 banchi”; “Dal 13 dicembre al 5 gennaio Villaggio di Natale a Villa Rubini Manenti”. Poche parole, chiare, concrete.
Perché il linguaggio non è neutro: rivela la politica che lo produce. E oggi ci dice che l’amministrazione preferisce “incantare” piuttosto che convincere. Forse è tempo di scoprire che la vera forza sta nella normalità.





