
MANI D’OPERA – ONE MORE KISS
4 Agosto 2025Quanta fretta, troppa: ma perché? Il cantiere nella Sala della Pace si smonta. E il progetto di restauro dov’è?
Dopo oltre tre anni, cala il sipario – o meglio il ponteggio – sulla Sala della Pace di Palazzo Pubblico. Si smonta la struttura che ha consentito diagnosi, analisi e rilievi sul capolavoro di Ambrogio Lorenzetti, Le Allegorie del Buono e del Cattivo Governo, uno dei vertici assoluti dell’arte civile europea. L’operazione, annunciata a maggio dalla sindaca Nicoletta Fabio, è in corso da giorni: a breve, il pubblico potrà tornare ad ammirare l’opera nella sua interezza.
Tutto bene, dunque? Non proprio.
La rimozione del ponteggio, che avrebbe dovuto segnare l’avvio di una fase nuova – quella progettuale e operativa del restauro – rischia invece di diventare l’ennesimo caso in cui la politica culturale si riduce ad azione simbolica e comunicativa. Una fretta che sorprende, tanto più se si considera la complessità del ciclo pittorico e il lungo lavoro preparatorio svolto fin qui. Un lavoro prezioso, che ora rischia di essere disperso.
Secondo diverse voci interne al gruppo di lavoro, il ponteggio a piano unico rappresentava uno strumento insostituibile per l’osservazione ravvicinata delle superfici e la costruzione condivisa del progetto di intervento. La sua rimozione, in assenza di un piano organico e formalizzato, lascia molte domande senza risposta. Più d’un osservatore sottolinea l’assenza di un passaggio collegiale decisivo: non si è mai tenuta una riunione “in quota” tra Comitato scientifico, Soprintendenza, restauratori e amministrazione. Un’occasione mancata per confrontare letture, dati, ipotesi, prima di smantellare il cantiere.
Ora resta da sperare che la ditta incaricata dello smontaggio – sotto la direzione dell’architetto Ceccotti – operi con la massima attenzione e competenza. Anche i passaggi apparentemente più tecnici incidono infatti sulla tutela di un’opera fragile, stratificata, complessa.
Intanto, la Sala tornerà accessibile. Un risultato atteso, certo. Ma è difficile non notare come tutto sia avvenuto in modo repentino, senza che si siano create le condizioni per un autentico processo di valutazione e di confronto. Una velocità che sembra più funzionale alla gestione dell’immagine che alla cura di un patrimonio collettivo.
Che almeno adesso si apra una nuova fase, fondata su responsabilità, trasparenza, visione. Perché non basta “riaprire” la Sala della Pace: bisogna saperla custodire. Davvero.