di
Claudio Strinati
IROMAl senso complessivo della formidabile mostra Barocco globale. Il mondo a Roma nel secolo di Bernini, alle Scuderie del Quirinale, a cura di Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini ( fino al 13 luglio, catalogo Electa) è ben espresso in un passo del saggio in catalogo di Massimo Carlo Giannini, Roma nell’età della prima mondializzazione fra religione, politica e culture: «Nella Roma seicentesca come in altre parti d’Europa la presenza di africani e musulmani… non era affatto sporadica. Semplicemente essa non è stata studiata fino a tempi recenti in quanto estranea alla storia italiana ». È ciò che questa mostra fa, dipanando davanti ai nostri occhi tale vicenda per più versi sorprendente e ovvia. È quanto mai opportuno cominciare a conoscerla adesso, tramite una mostra così bella e comunicativa, in questa fase storica quando sono al centro dell’attenzione di tutti noi argomenti cruciali e irrisolti connessi con l’inclusione, la democrazia e la dittatura, l’integrazione tra le culture e tra modi diversi di vivere e conoscerci reciprocamente. Questa mostra ce ne parla dalla remota prospettiva del diciassettesimo secolo eppure la visita è emozionante.
Si entra e ci si trova di fronte a un meraviglioso busto di marmi policromi eseguito… dal Bernini diranno i nostri giovani visitatori! Eh no, ragazzi, avete sbagliato. Da Francesco Caporale e non mi dite subito: ma chi è? Perché non vi so rispondere se non con un incitamento: andate a vedere la mostra, leggete il catalogo e imparate, che ne vale proprio la pena. Apprendiamo, così, che Caporale scolpì quest’opera bellissima ( spiega Francesco Freddolini) «per l’ambasciatore del Congo Antonio Manuel Ne Vunda morto a Roma all’indomani del suo arrivo nella città papale, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio del 1608 » . L’insigne ma non certo noto scultore ne dette una immagine nobilissima, regale, circonfusa di rispetto e dolente rammarico per la scomparsa improvvisa di un uomo atteso con entusiasmo e fervore dal papa Paolo V. Il busto ( modellato sulla maschera funebre come afferma Giulia Zimei in catalogo) è dunque una sorta di solenne necrologio e il suo significato artistico appare in tutta la sua potenza. Si conserva normalmente nella Basilica di Santa Maria Maggiore e vanno lodati i responsabili vaticani che, in pieno Giubileo, hanno voluto ugualmente concedere un prestito così importante.
Ma quante insigni personalità provenienti da terre lontane erano giunte a Roma sotto il pontificato di Paolo V Borghese! E Freddolin spiega: «Tutti questi personaggi e altri ancora furono inclusi nel ciclo pittorico che più di ogni altro diede forma visiva alle politiche globali della Roma papale: la Sala Regia ( Salone dei Corazzieri) del Palazzo del Quirinale».
La mostra è uno stimolo potente per andare a vedere quel ciclo di affreschi. Dall’alto della immensa sala si accalcano, da una mirabolante “sceneggiatura” di Agostino Tassi, ambasciatori e diplomatici arrivati a Roma da diverse parti del mondo, ma soprattutto dal Giappone e ancora oggi possiamo riconoscere chi sono. E questi affreschi la dicono lunga sul desiderio di connessione, di scambio, diintegrazione reciproca tra i popoli. E, soprattutto (prezioso insegnamento della mostra) ci fanno capire quanto ambiguo e impreciso sia il criterio dell’“ esotismo” con cui troppo facilmente sono stati raccontati per secoli quei personaggi e quegli eventi di cui l’esposizione alle Scuderie dà ampio ragguaglio con una serie impressionante di opere d’arte e di documenti raramente presentati in manifestazioni simili.
Certo, molto dipendeva dalle missioni e qui i Gesuiti rifulgono nel percorso storico proposto dalla mostra e vi spicca Matteo Ricci, una delle più alte figure in questo genere di vicende, talmente sbalorditivo da sembrare oggi una sorta di personaggio mitologico quando invece fu realissimo e realista nelle sue scelte e nel lavoro che svolse tra Italia e Cina.
Gesuita dottissimo, nato a Macerata nel 1552, Ricci si reca in Cina e comprende come non ci siano differenze tra i popoli ma solo abitudini e convenzioni di diverso genere e origine. Elaborerà innumerevoli progetti, ma in mostra c’è quello forse più commovente di quanti portò a compimento nella sua operosissima vita: la carta geografica di tutti i regni del mondo divisa in sei pannelli, per la quale Ricci ebbe la collaborazione del letterato e cartografo Li Zhizao. Se ne conservano sei copie; quella esposta è della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Vi è rappresentato tutto il mondo dal punto di vista cinese, con la Cina, quindi, al centro e la carta è gremita di scritte esplicative in quella lingua che Ricci parlava e leggeva perfettamente. In calce vi scrive: « Offro indegnamente questa carta a tutti coloro che, insieme con me, sono coperti dalla cappa dello stesso cielo e appoggiano i piedi sulla stessa terra. Rispettosamente composto dall’europeo Matteo Ricci, il 17 agosto dell’anno 1602».