Dipendesse da me, anziché abolire l’abuso d’ufficio, abolirei la fallace, boriosa etichetta “partito dei sindaci”. “Partito dei sindaci” è una metafora giornalistica, ma temo che, a furia di evocarla, alcuni di loro si siano fatti la convinzione che il partito dei sindaci sia una realtà. Alludo alla lobby trasversale che si adopera per avallare la irresponsabile cancellazione del reato dell’abuso d’ufficio, fregandosene dei moniti di Quirinale, Ue, magistrature tutte. Facendo leva sulla manipolazione delle cifre.

Quando si enfatizza lo scarto tra indagini aperte e sentenze di condanna, si trascurano due circostanze decisive: molte di quelle indagini furono avviate prima della revisione in senso restrittivo di quella fattispecie operata nel 2020 (ridisegnata quattro volte); esse non riguardano in prevalenza gli amministratori, ma altre categorie professionali. In particolare magistrati e medici. Eppure tutta la campagna è stata condotta dal suddetto “partito dei sindaci”. Compresi quelli del Pd, il cui unico, debolissimo argomento è la “paura della firma”. Evidentemente la sola cosa che conta.

Ineffabile il sindaco di Pesaro Ricci, che sarebbe il rappresentante dei sindaci del Pd. Il quale così si è espresso: fuori linea non sarebbero lui e i suoi colleghi, ma il gruppo parlamentare Pd. Bella concezione della responsabilità, bella coscienza di partito! La complessiva politica della giustizia non li riguarda. Loro non sono toccati dalla circostanza per cui, contestualmente, il governo opera una stretta sulle intercettazioni, mette il bavaglio alla stampa, svuota il traffico di influenze, fa dilagare appalti e subappalti senza gara, introduce i test psicologici per i magistrati, smonta la legge Severino votata da tutti, a cominciare dal Pd, al tempo dell’esecutivo di quel giacobino di Monti. La sola cosa che sembra susciti il loro interesse è la cancellazione al limite dei loro mandati, corollario della loro elezione diretta.

Non c’è motivo di sorprendersi. Come dimenticare che, in occasione delle primarie Pd, lo stesso Ricci si mise alla testa del “partito dei sindaci” del suo partito (sembra un gioco di parole, ma è una sgrammaticatura) con l’obbiettivo velleitario dapprima di puntare egli stesso alla leadership e poi ripiegando a sostegno del candidato Bonaccini? Un leader di partito è cosa diversa da un amministratore. A lui, specie se in un partito nazionale, si chiede una visione eminentemente politica di largo respiro. Persino sovranazionale. Amministrare un comune è attività nobile e impegnativa, ma, insisto, non è la stessa cosa. La mediocre vicenda della mobilitazione dei sindaci Pd per cancellare brutalmente l’abuso d’ufficio è semmai la prova di un corporativismo, di una visione angusta dell’interesse pubblico e delle responsabilità di un partito nazionale all’opposizione di un governo che sta smontando i presidi di legalità. Esorcizzando due “dettagli” che riguardano noi più di altri: le commistioni tra affari e politica e il fiume di denaro che, dal Pnrr, si sta riversando sui pubblici amministratori.

Un “partito”, quello dei sindaci Pd, curiosamente incline a ignorare la responsabilità politica generale in capo a una forza di opposizione in tema di giustizia e a fare favori al governo. Con il rispetto e l’apprezzamento che sono dovuti ad amministratori dediti a un lavoro impegnativo, sarebbe utile che essi non smarrissero il senso del limite: vogliono essere alleggeriti dall’alea dell’abuso, rimuovere il limite dei mandati, dettare la linea ai vertici dei loro partiti. Francamente un po’ troppo. Magari si dessero una calmata.