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La designazione di Angelo Riccaboni nella Missione UE “Soil Health and Food” viene presentata come un riconoscimento importante, ma solleva questioni che la comunicazione ufficiale evita di affrontare. L’enfasi sulla rigenerazione dei suoli e sul coinvolgimento dei cittadini costruisce una cornice rassicurante, senza misurarsi con un dato evidente: l’Italia resta tra i Paesi europei più fragili sul fronte del consumo di suolo, della cementificazione e della debolezza dei controlli. È un nodo strutturale, e la nomina non lo risolve.
L’ottimismo delle dichiarazioni stride con la realtà delle politiche nazionali, dove le norme sul suolo sono frammentate, spesso piegate a interessi locali e poco coerenti con gli obiettivi ambientali dell’UE. In questo contesto, la partecipazione italiana alle Missioni rischia di assumere un carattere soprattutto rappresentativo: utile per il posizionamento accademico, meno per incidere sulle decisioni reali. L’Italia è piena di strategie e linee guida, ma applicarle rimane difficile.
Anche sul piano locale emergono contraddizioni. La visibilità internazionale dell’Università di Siena e del Santa Chiara Lab non si traduce automaticamente in capacità di influire sulle trasformazioni territoriali. Le fragilità idrogeologiche, il consumo di suolo agricolo e la mancanza di una pianificazione integrata mostrano un divario persistente tra la retorica della sostenibilità e le politiche concrete. La nomina rafforza l’immagine dell’ateneo, ma non colma questa distanza.
La partecipazione di cittadini, imprese e investitori è un elemento positivo, ma da sola non basta. Senza volontà politica, risorse stabili e un sistema di incentivi che orienti davvero le scelte locali, l’obiettivo di rendere sani il 75% dei suoli europei entro il 2030 rimane più una speranza che una prospettiva realistica. La Missione europea corre veloce; l’amministrazione italiana molto meno.
La nomina di Riccaboni è dunque un segnale di prestigio, ma allo stesso tempo mette in luce il divario tra dichiarazioni e capacità operative. Una buona notizia sul piano simbolico, meno sul terreno delle politiche effettive.





