L’otto marzo 2020 la regione Lombardia emanò una delibera che consentiva alle Rsa di ospitare i pazienti con sintomi Covid. Nel Pio Albergo Trivulzio di Milano morirono oltre 300 anziani. Tra loro la suocera di Giulia Calisi, membro dell’associazione Anchise: «Aveva l’Alzheimer, abbiamo provato a tenerla a casa ma era impossibile così abbiamo scoperto il mondo delle Rsa. Un mondo dove vige l’anarchia totale, nessuno controlla niente, lavoratori che cambiano continuamente. Se i familiari provavano a chiedere spiegazioni venivano minacciati: “Portatela via” dicevano. Pagavamo 2.700 euro al mese, mio suocera aveva una pensione di mille euro, il resto lo mettevamo noi. Adesso ho sentito che il Trivulzio vuole aumentare la retta eppure i servizi, dopo il Covid, sono diminuiti: il parrucchiere non c’è più, il fisioterapista non c’è più. È un giro di soldi in mano a grandi gruppi ma i residenti sono abbandonati a loro stessi. Sala e Fontana ieri si sono rammaricati per il rogo nell’Rsa di Milano ma nessuno controlla».

IL GARANTE nazionale dei diritti delle persone private della libertà si è occupato delle Rsa durante e dopo la pandemia: «Durante il Covid sono pervenute per lo più segnalazioni relative alle misure di sicurezza. Dopo, invece, sempre più numerose sono state le segnalazioni delle criticità delle strutture socio-assistenziali per anziani e disabili. Una volta usciti dalla pandemia, mentre le attività sociali venivano riprese con la massima apertura nella società civile, la vita sociale e le relazioni affettive nelle Rsa venivano precluse e ostacolate da divieti di contatto con i familiari».
Il ritorno al mondo pre Covid in questi luoghi è lento e complicato.

FORLÌ, Luca Di Toro ha la mamma 80enne in Rsa: «Gli orari di visita sono: dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 11.30, il pomeriggio dal lunedì al venerdì dalle 15.15 alle 17. La domenica dalle 10 alle 11.30 ma se si va la domenica non si può andare in tutti gli altri giorni. Non si sa perché, è una cosa decisa dalla Rsa. Dicono che non riuscirebbero a gestire il flusso dei familiari. Così come è obbligatoria la mascherina ffp2. Tutte le altre strutture in città hanno 3 ore di ingresso la mattina e 3 il pomeriggio tutti i giorni con la mascherina semplice. La retta è di 2.400 euro al mese, non si riesce a fare entrare mia mamma nelle strutture in convenzione perché i posti sono limitati e le liste lunghe. Da lei ci sono circa 150 anziani, il fisioterapista c’è ma ha tante persone da gestire, quando un soggetto è poco o per nulla autosufficiente lo trascura».

PIÙ DEL 24% della popolazione ha oltre 65 anni. Gli ultracentenari sfiorano le 22 mila unità. Lo scorso novembre il report Istat ha offerto il quadro dei presidi residenziali attivi nel Paese al 31 dicembre 2020: 12.630 in totale con circa 412mila posti letto, 7 ogni mille persone residenti. L’offerta è maggiore nel Nord est, con 9,9 posti letto ogni mille residenti, mentre nel Sud supera di poco i 3 posti, con appena il 10% dei letti complessivi. Gli ospiti nelle strutture residenziali ammontavano a 342.361. Più di 343mila i lavoratori impiegati ai quali vanno aggiunti oltre 35mila volontari. Il 75% delle strutture residenziali è gestito da organismi privati. La titolarità delle strutture è in carico a enti no profit nel 44% dei casi, a enti pubblici nel 20%, a enti privati for profit in circa il 24% dei casi, il 12% a enti religiosi. Il Nord est presenta una percentuale doppia (30,8%) rispetto al dato nazionale di residenze piccole (massimo 6 posti letto). Il Centro (43,1%) e il Mezzogiorno (Sud 50,7%, Isole 58,1%) sono invece i territori in cui la maggioranza delle strutture ha una dimensione media (tra i 16 e i 45 posti letto). Il Nord ovest è caratterizzato da residenze con più di 80 posti letto (16,4% contro un valore medio nazionale del 9%).

IL PERSONALE sanitario, organizzato in otto qualifiche professionali, rappresenta più del 63,8% della forza lavoro impegnata nelle strutture residenziali. Oltre 118mila sono assistenti socio-sanitari, 38.827 sono addetti all’assistenza alla persona e 39.107 rientrano nelle professioni sanitarie infermieristiche. Il settore fa largo uso del part time, a tempo pieno sono solo il 58% dei dipendenti. Il vicepresidente nazionale di Uneba e presidente di Uneba Liguria, Giuseppe Grigoni: «Sarebbe necessario che il pubblico strutturasse un servizio unico che si rapporta con la persona fornendo una molteplicità di servizi che vanno dal sostegno perché possa restare a casa, ai centri diurni e solo in fine in residenza. Le stesse Rsa dovrebbero essere centri aperti con servizi differenti, anche diurni. In Liguria i familiari possono entrare nelle Rsa, eventuali restrizioni sono determinate da situazioni contingenti». E sul personale: «C’è una carenza drammatica di infermieri (in Italia mancano in totale circa 70mila unità ndr). Nelle Residenze più che nel pubblico perché sono inferiori le possibilità di fare carriera e il contratto pubblico è più remunerativo, nel settore privato c’è una selva di contratti. Uneba con altre organizzazioni sta ragionando sull’opportunità di immaginarne uno unico per il comparto. Aumenta il fabbisogno di servizi, i bisogni sono più complessi ma le risorse non sono aumentate in proporzione».

A MARZO è stata approvata la legge quadro in materia di «politiche in favore delle persone anziane» cioè la cornice all’interno della quale costituire il Sistema unico anziani, entro marzo 2024 dovranno essere approvati i decreti legislativi delegati. Il disegno di legge ha 9 articoli, al settimo è prevista «la clausola di invarianza finanziaria». La premier Meloni promette «troveremo le risorse».