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di Antonio Montanaro
Vacanze finite: da domani studenti, docenti e personale amministrativo ritornano a scuola. E tra di loro c’è anche chi (un centinaio di prof con supplenze brevi in Toscana, 15 mila in tutta Italia) non ha ancora ricevuto lo stipendio da quando ha preso servizio (chi a fine settembre, chi agli inizi di ottobre, chi ancora più tardi). Una beffa nella beffa in una scuola che si regge sempre più sul precariato.
«Lo Stato è diventato il peggior datore di lavoro», il commento amaro del sindacalista Cisl Claudio Gaudio. Il ministro Giuseppe Valditara, che nell’aprile 2023 aveva annunciato 20 misure per sburocratizzare la scuola, tra cui anche quella per evitare ritardi nei pagamenti dei precari (una prassi da almeno un decennio), ha assicurato lo sblocco entro l’11 gennaio. «In tempo per i saldi» ha chiosato con la sua tagliente ironia Giuliano nella vignetta sulla prima pagina del Corriere Fiorentino di ieri.
Ma al di là delle vitali questioni contingenti (spese, affitto, trasporti) ci sono anche altri aspetti da sottolineare, che riguardano la tenuta stessa dell’istruzione pubblica in un Paese che sembra accorgersi della scuola solo quando c’è da appioppargli un tampone all’emergenza di turno. In Toscana i docenti precari attualmente in servizio (tra incarichi annuali e brevi) sono oltre 14 mila (il 40 per cento delle cattedre totali), di cui più della metà sul sostegno.
Uomini e donne di tutte le età (dai 30 ai 50 anni), con vari titoli di studio ed esperienze alle spalle, sballottati da un istituto all’altro, con buona pace della continuità didattica per loro e soprattutto per gli studenti. La storia di Antonio Fiscarelli, raccontata da Ivana Zuliani ieri su questo giornale, è emblematica: in quattro anni da precario a Firenze ha firmato 12 contratti e cambiato sei scuole. Martedì prossimo scade il termine per partecipare ai nuovi concorsi banditi dal Ministero per assegnare le tante cattedre vuote in giro per l’Italia. Servirà a ridurre la «supplentite» che affligge la scuola da anni? I sindacati chiedono anche percorsi ad hoc per chi, nonostante i tanti anni di servizio, non è ancora riuscito a venire fuori dal girone infernale del precariato, da qualche tempo regolato da un algoritmo che i prof oramai temono più delle proteste dei genitori per un’insufficienza al figlio. Una cosa è certa: la scuola, oltre a edifici, aule e laboratori all’altezza (ma questa è un’altra storia) ha bisogno di energie fresche, di insegnanti motivati e aggiornati. La società in cui viviamo è soggetta a cambiamenti velocissimi, la formazione continua è dunque un elemento fondamentale per una scuola al passo con i tempi. Le motivazioni sono uno degli elementi fondamentali nei processi didattici. E vanno coltivate, anche con stipendi adeguati e pagati con regolarità.
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