Dall’abuso agli ascolti così il processo penale è stato neutralizzato
Un procuratore esperto cita, per raccontare l’impazzimento del momento, Franco Cordero, il giurista che forse meglio di tutti raccontò chi c’era stato prima, il Caimano Silvio Berlusconi: «E’ come se a pochi minuti dal fischio finale, sul 2-0 per una squadra, l’arbitro fischia e dice: “Si riprende dallo 0-0. I gol di testa non valgono più”. Le regole non si possono cambiare durante il gioco. Così la partita è falsata». Questo è: il governo Meloni – tra quanto è stato fatto, le promesse che stanno per diventare realtà e annunci di prossime rivoluzioni – sta cambiando le regole del gioco nel processo penale. E nascondendosi dietro il cartonato del garantismo, aprendo autostrade a chi – colletti bianchi, soprattutto – commette un certo tipo di reati. Come? Cancellando le legge, mettendo ostacoli lungo il percorso di chi la giustizia la esercita (magistrati) o la racconta (giornalisti).
L’abuso di ufficio e il traffico di influenze L’ultimo caso in ordine di tempo è l’abolizione del reato di abuso di ufficio e lo svuotamento del traffico di influenze. Ha detto il ministro ieri in aula: «Un reato evanescente, nessun contrasto né con la convenzione di Merida né con l’Unione europea ». Per capire che si tratta di una bugia basta leggere appunto la convenzione di Merida (l’atto delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003) e quanto scritto dalla Commissione europea nella proposta di direttiva presentata nel 2023. All’articolo 18 della Convenzione si prevede espressamente l’abuso di ufficio, mentre al 19 c’è il traffico di influenze. Interessante è poi la tabella riportato nella proposta di direttiva: l’abuso di ufficio è contemplato in 25 Stati membri,tutti quelli che hanno risposto al questionario (Bulgaria e Danimarca no), mentre iltraffico di influenze in 23. «La corruzione – si legge – è un fenomeno endemico che assume aspetti e forme molteplici nei vari settori della società, ad esempio i reati di corruzione, peculato, traffico d’influenze e di informazioni, abuso d’ufficio e arricchimento senza causa». Tutto quello che ieri il ministro della Giustizia ha definito in aula “obsoleto”.
Il cambio della prescrizione
La Camera ha approvato la quarta riforma della prescrizione in sette anni. Un tema tanto caro agli “avvocati” di Governo, prima tra tutti la senatrice Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia, considerata da molti la “regista” di via Arenula. Se passerà la riforma siritornerà a un tempo unico, con durate molto più brevi rispetto alle attuali, simili a quelli della riforma Orlando del 2017. La modifica – e qui torna la metafora calcistica di Cordero – manderà, secondo il Csm, in panne i calendari che si erano dati le Corti d’Appello e le Cassazioni. Risultato: come hanno denunciato i 26 presidenti delle Corti di Appello italiane in una lettera ignorata dal Governo, nella quale chiedevano una norma transitoria, saranno migliaia i procedimenti che finirannoprescritti sulla base del principio per cui si applica – se le norme cambiano in corsa – sempre la legge più favorevole al reo.
Le intercettazioni
Un altro cavallo di battaglia riguarda l’uso delle intercettazioni: trojan – il software spia che attacca i telefoni e che ha permesso a diverse Procure in questi anni di arrestare mafiosi, corrotti e anche scoperchiare i guai della magistratura, come dimostra l’incontro all’Hotel Champagne tra Palamara e i suoi amici – è stato definito dal ministro simbolo di «un nuovo barbaro medioevo» e, per questo, annunciata una stretta immediata sull’utilizzo. E’ stato poi ritirato fuori il tema del costo degli ascolti telefonici e telematici, ignorando però quello che ieri il procuratore di Bari, Roberto Rossi, ha spiegato molto chiaramente, e cioè che «si tratta di un investimento: grazie ai 4 milioni spesi per le intercettazioni, ne abbiamo guadagnati 244 di sequestri e confische». Infine sono state poste due questioni: da un lato si impedisce al giudice di acquisire le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti. Dall’altro non se ne consente la pubblicazione: sbianchettati i nomi dei non indagati, secondo la riforma approvata dal cdm i media potrebbero utilizzare soltanto quelle in ordinanza di custodia cautelare. Ordinanza di cui, però, contemporaneamente, nel solito gioco di sponda con il parlamentare di Iv, Enrico Costa, altra stampella di Nordio, se ne vuole negare la pubblicazione, anche a stralci. Si vieta quindi quello che era stato concesso. Risultato? Il silenzio.