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24 Giugno 2023L’invasione delle macchine nere, sono ovunque e sostano ovunque
24 Giugno 2023Ritorno al Forte Belvedere Nico Vascellari con le sue opere spinge a un nuovo patto tra uomo e natura. E con le falene, gli animali «mutanti», il suo «Aldilà» ci ricorda che siamo fatti di fango
di Chiara Dino
Non c’è più posto per la retorica del «nuovo umanesimo» al Forte Belvedere di Firenze dove da oggi all’8 ottobre decine di opere di Nico Vascellari — esposte all’esterno e nei tre piani della Palazzina — ci ricordano che l’opzione uomo al centro dell’universo è una scelta, culturale e anche religiosa se vogliamo. Nulla di più. Non è una verità, non scientifica almeno.
In realtà la questione è molto più complessa e l’uomo come emerge da Melma — è questo il titolo della mostra dell’artista veneto classe 1976 curata da Sergio Risaliti — è un ingranaggio del cosmo, un tassello del mistero del creato il quale peraltro deve alla sua componente materica (sangue, ossa, ma anche istinti e passioni) il grosso della sua ragion d’essere e della sua sostanza se non altro se lo si vede in rapporto al resto delle creature. Ricordarlo non è banale in era di intelligenza artificiale e altre diavolerie digitali e soprattutto in un tempo in cui la terra è sempre più ammalata e trascurata, come se ne potessimo fare a meno: e invece no visto che siamo fatti della stessa sua materia.
Il tema, che per Vascellari è una esigenza imprescindibile, è molto esplicito nella parte della mostra che insiste intorno alla Fortezza (la facciata e il suo interno): la prima opera che vi accoglierà è una Falena , una grande installazione sulla facciata del Forte in cui l’animale dotato di falce congiunge l’uomo alla natura che è fatta di vita e di morte. Il ciclo della vita si fa ancora più prepotente nei tre piani espositivi al chiuso, che — per citare il curatore Risaliti — «quasi come omaggio al nostro poeta, Dante, seguono un andamento ascensionale portandoci da una dimensione terrestre anzi quasi ancora più primordiale, che è quella del piano interrato, fino a una decisamente metafisica che si trova al secondo piano». Giù infatti sarete avvolti dal buio, da una sonorità bassa quasi da mare in tempesta o da viscere della terra, da scarti di animali e di cose. Siete nella sala che si chiama Bus de la lum (buco della luce) che evoca una voragine di origine carsica ove i pastori gettavano le carcasse degli animali morti. Salendo su al primo piano l’accoglienza è poetica: una sorte di luce Moon , girevole, ha qualcosa di onirico e dolce mentre tutto intorno trovano spazio espressioni della vita meno ancestrali: ci sono lupi che ci fanno paura certo, ma anche nidi di uccelli ridotti in pezzi infinitesimali quasi a farci capire di che cosa sono fatte le nostre dimore e quelle degli animali. Ci sono fiori e animali di ogni tipo: galline, volpi fagiani, ora in ottone ora in bronzo ora in alluminio. Un’arca di Noè dove nessuno vien prima o vien dopo. Ultimo piano, ultima suggestione. Stavolta più spirituale — lo avevamo annunciato — già dal titolo, che è Aldilà (è una delle opere create site specific da Vascellari, non l’unica ma la più forte). Ecco, questa, che più che un’opera è un’interpretazione di una sala, ci immette in una stanza che prende luce da una feritoia sul tetto e da cui si vede l’ingranaggio dell’orologio del Forte. Luce e tempo a evocare l’eternità ciclica della vita.
Prima di passare alla seconda parte della mostra, quella che si sviluppa in esterno, una breve notazione sul titolo di questa esposizione. Melma è fango e come suggeriscono lo stesso Risaliti e Vascellari: «è materia primordiale, quel da cui Dio ha creato l’uomo, o nella versione greca, quella parte dell’impasto da cui Prometeo ha generato l’essere umano. La melma insomma, che pure evoca sporcizia, esclusione, abiezione e corruzione, è all’origine della vita». Ecco perché è fortemente spiazzante la seconda parte del lavoro di Vascellari: sul prato un po’ ingiallito del Forte tutto cambia: troviamo cavalli e bufali, stambecchi e asini. Tutti in alluminio, molti eviscerati e quel che peggio dotati, al posto delle viscere che gli sono state sottratte di motori, marchingegni, macchine insomma. Sembra quasi di assistere a un salto di specie, dall’uomo e animale originario a all’uomo o animale macchina. E non è un bel vedere.
La mostra che durerà fino all’8 ottobre è a ingresso gratuito grazie allo sponsor Cristina Fogazzi (Estetista Cinica) per VeraLab e grazie al fatto che è stata in parte finanziata con fondi di un bando del Ministero del Turismo. Non finisce qui: a coronamento di questa mostra sempre a ottobre l’intervento fiorentino di Nico Vascellari si sposterà in centro: con un’installazione per l’Arengario di Palazzo Vecchio e con una performance per il Salone dei Cinquecento. Sul contenuto però è top secret. «Posso solo dire — spiega Vascellari— che come accade in questi lavori sarà evocata la natura e insieme ad esso anche l’uomo. Di più non anticipo, anche perché non credo nell’arte spiegata». Arrivederci in autunno per la seconda tappa.
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