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di Pierluigi Piccini
Le associazioni di categoria hanno ragione a esprimere perplessità: qualunque aiuto al commercio è positivo, ma non può bastare a invertire un declino che a Siena è ormai strutturale. Il bando comunale e il fondo messo a disposizione da Fises — un milione di euro per sostenere nuove attività nel centro storico — sono un segnale di attenzione, non una risposta.
Negli ultimi dodici anni il cuore della città ha perso quasi ottanta negozi, la periferia più di sessanta. È un’emorragia lenta, fatta di serrande abbassate, vetrine vuote, fondi lasciati al degrado. A questa realtà non si risponde con piccoli incentivi o sconti sulla Tari: si risponde con una politica economica che tenga insieme residenzialità, mobilità, servizi e qualità della vita.
Perché oggi il problema non è aprire nuovi negozi, ma riuscire a farli restare aperti. Un artigiano o un commerciante non chiude per mancanza di contributi, ma per mancanza di clienti. E i clienti mancano perché Siena è diventata una città senza domanda stabile: pochi residenti, turismo concentrato in pochi mesi, un centro che si svuota appena cala l’afflusso dei visitatori.
I prestiti agevolati promessi da Fises — fino a centomila euro con uno sconto sugli interessi dello 0,96% — possono sostenere una dozzina di aperture. Ma l’impatto economico sarà minimo, quasi simbolico, se non cambia il contesto. Con affitti che superano spesso i duemila euro al mese e costi fissi in aumento, il problema non è il tasso d’interesse, ma la redditività insufficiente del sistema.
Senza un piano integrato per la città, questi contributi rischiano di tradursi in qualche inaugurazione effimera, seguita da nuove chiusure dopo pochi mesi. Si finirà, come troppo spesso accade, per sussidiare indirettamente il mercato immobiliare più che rilanciare l’economia reale.
Siena ha bisogno di misure strutturali:
– un accordo con i proprietari per calmierare i canoni di locazione;
– spazi pubblici concessi a incubatori artigiani e start-up locali;
– sostegni veri alla residenza stabile;
– iniziative culturali e commerciali fuori stagione per riequilibrare il turismo.
Serve una visione complessiva, non l’ennesimo bando “vetrina”. Una città vive se la sua economia è connessa al territorio, se i suoi spazi restano abitati, se il lavoro e la cultura si sostengono a vicenda.
Siena non può più limitarsi a sopravvivere a colpi di contributi: deve tornare a immaginare un modello di sviluppo fondato sulla realtà, non sull’emergenza.





