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C’era grande attesa attorno alla nascita della Comunità Energetica Rinnovabile di Siena, presentata come una svolta per il territorio. Energia pulita, riduzione dei costi, partecipazione di cittadini e imprese: un progetto in linea con le politiche europee e con la necessità di accelerare sulla transizione ecologica. E invece la macchina si è inceppata subito, prima ancora che l’iniziativa potesse entrare in Consiglio comunale.
Il nodo è lo statuto della Fondazione che dovrebbe gestire la CER. In Commissione Statuto e Regolamenti il documento è stato bocciato senza appello: governance debole, criteri di adesione poco chiari, un patrimonio iniziale che regge appena in teoria. Trenta mila euro complessivi, di cui venticinque a carico del Comune e cinquecento ciascuno per dieci partner privati. Una cifra simbolica che non basta a garantire stabilità, tanto che due soggetti hanno già deciso di fare un passo indietro.
Il dibattito ha assunto toni trasversali. Dai civici ai consiglieri di maggioranza, le perplessità sono state condivise. L’assessore Magi, che ha seguito il progetto con convinzione politica ma senza un supporto tecnico adeguato, ha provato a difendere il testo, salvo ammettere la necessità di correzioni. Alla fine, il presidente del Consiglio Ciacci ha dovuto ricordare che i tempi della politica non possono scavalcare quelli della legge.
Qui sta il punto: l’urgenza non può diventare fretta. Portare in Consiglio un atto fragile significa indebolire l’intero progetto. Ed è paradossale che mentre il Comune cerca di mettere in piedi una Fondazione zoppicante, a Siena esista già una realtà operativa, Sienaenergie, che come Ente del Terzo Settore ha avviato studi, progetti e persino individuato siti idonei alla produzione. Invece di valorizzarla, si rischia di duplicare e disperdere energie.
La comunità energetica non è un vezzo amministrativo: è una delle poche vere leve per abbattere le bollette, ridurre le emissioni, rafforzare la coesione sociale. Ma perché funzioni servono basi solide, regole chiare e una governance trasparente. Altrimenti, più che rinnovabile, l’energia rischia di essere sprecata.