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Il 5 dicembre 1995, durante la diciannovesima sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO riunito a Berlino, il Centro storico di Siena fu ufficialmente iscritto nella Lista del Patrimonio dell’Umanità.
La decisione, formalizzata con il codice 19 COM VIII.C.1, riconosceva nella città uno degli esempi più compiuti di insediamento urbano medievale conservatosi nella sua forma originaria, per “l’integrità eccezionale del tessuto urbano, la qualità artistica diffusa e la coerenza tra città e paesaggio”.
L’iscrizione coronava un percorso avviato due anni prima dal Comune di Siena, in collaborazione con la Soprintendenza, il Ministero per i Beni Culturali e l’Università di Siena.
Il dossier di candidatura, presentato a Parigi il 22 settembre 1994, descriveva Siena come organismo urbano ancora vivo, dove la memoria medievale era parte integrante della vita cittadina e le Contrade rappresentavano un modello unico di coesione sociale.
Fu un periodo in cui Siena seppe presentarsi come modello di equilibrio fra conservazione e vita civile, capace di far convivere la tutela del patrimonio con la quotidianità dei suoi abitanti.
Oggi, trent’anni dopo, quell’equilibrio appare più fragile. Il centro storico, pur mantenendo intatta la sua bellezza, si svuota lentamente: la residenza stabile cala, le botteghe chiudono, le funzioni urbane arretrano.
Siena resta un luogo straordinario, ma il suo essere patrimonio mondiale rischia di ridursi a riconoscimento simbolico, se non accompagnato da politiche capaci di restituire vita e lavoro al cuore della città.
Nel 2025, a trent’anni dal riconoscimento, il Comune — su proposta dell’assessore Vanna Giunti — ha avviato il progetto “Un futuro per Siena Patrimonio Unesco 30+”, con due accordi di ricerca: uno con il Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive dell’Università di Siena, l’altro con il Dipartimento di Architettura (Dida) dell’Università di Firenze.
Gli studi si concentreranno sul centro storico e sulle sue trasformazioni urbane e sociali, per aggiornare la visione della città alla luce delle sfide attuali — dalla gestione del patrimonio alla sostenibilità dell’abitare.
Le celebrazioni del trentennale si profilano come un momento di riflessione istituzionale, più che come un percorso ampiamente partecipato.
Il riconoscimento del 1995 fu un momento di orgoglio e unità, ma oggi Siena sembra vivere una fase di sospensione.
Essere patrimonio dell’umanità non basta, se l’umanità del luogo si affievolisce. Conservare non significa solo restaurare, ma interrogarsi su come rendere di nuovo abitabile e viva una città che rischia di restare prigioniera della propria immagine.
A trent’anni di distanza, più che celebrare, occorre chiedersi quale progetto esista davvero per Siena, fuori dalla retorica e dalle ideologie.
Forse la vera eredità dell’UNESCO non è un titolo da custodire, ma la responsabilità di tornare a pensare la città come luogo di vita, e non come museo del passato.
Pierluigi Piccini