Per fregiarsi del nome idolatrato del padre fondatore, che da solo vale il 50% almeno dei voti e forse anche qualcosa in più, Forza Italia dovrà accontentarsi di lasciarlo per l’eternità nel simbolo del partito, come Antonio Tajani, il presidente in pectore, garantisce che verrà fatto. Nessun Berlusconi, invece, onorerà l’aspetto dinastico della monarchia di Arcore «scendendo in campo» e per il partito-reame non è una buona notizia. Per Tajani invece sì e infatti non solo ripete la formula adoperata poche ore prima al telefono da Marina Berlusconi, «nel rispetto dei ruoli», ma la scandisce e commenta: «Intelligenti pauca».

LA CONFERENZA STAMPA convocata ieri per dimostrare al mondo che Forza Italia esiste anche senza il suo creatore si riduce alla comunicazione «autorizzata» di quel precedente colloquio telefonico tra la primogenita del Cavaliere e Tajani: «Mi ha ribadito, nel rispetto dei ruoli, la stima, l’affetto e la vicinanza della famiglia a Forza Italia, una delle maggiori realizzazioni di Berlusconi». Dunque l’azienda non abbandonerà al suo destino il partito in dissesto, e il sospiro di sollievo è corale e palese, ma neppure si impegnerà in prima persona nel guidarlo e gestirlo.

PER IL RESTO TAJANI, circondato dai capigruppo Paolo Barelli e Licia Ronzulli che avevano insistito per un’immediata uscita pubblica e dal capodelegazione al Parlamento europeo Flavio Martusciello, si limita a illustrare un percorso già noto. Giovedì si riunirà il Comitato di presidenza di Fi con il compito di convocare il Consiglio nazionale, forse già prima dell’estate, che a propria volta eleggerà Antonio Tajani presidente in attesa del Congresso. Qui i tempi si dilatano, quasi certamente non verrà celebrato prima delle elezioni europee.

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Storia di un leader che voleva solo essere amatoLa realtà è che per Forza Italia un vero congresso, non il solito prolungato show del gran capo, è una novità assoluta, territorio inesplorato e minaccioso nel quale non ci si può addentrare a cuor leggero.
LA SCELTA DI ATTENERSI rigorosamente allo Statuto nei passaggi formali deriva dalla necessità di evitare qualsiasi possibile contestazione in punta di diritto, non da dissensi conclamati o latenti sulla incoronazione di Tajani. Al contrario, le bande armate sino a ieri in guerra cercano adesso di ricomporre una qualche unità in nome della comune necessità di sopravvivere. Tajani, del resto, è molto più un diplomatico che non un guerriero: ha già intavolato trattative dialoganti con i “frondisti”, l’area già “antigovernista” capitanata dalla stessa capogruppo al Senato Ronzulli.

La pace, sempre che regga, si basa su un sacrificio, quello della ex quasi moglie del Sovrano Marta Fascina, e su una rinuncia, quella della minoranza a sabotare e minare il percorso del governo guidato da Giorgia Meloni.
SUL RUOLO DELLA DEPUTATA e compagna di vita, sino a ieri potentissima, il vicepremier e futuro presidente di Forza Italia è sbrigativo: «È un deputato ed è la compagna di vita di Berlusconi. Non c’è bisogno di ritagliare ruoli formali». Fuori gioco. Per firmare la pace la defenestrazione di chi aveva martellato più di ogni altro la minoranza è necessaria. Ma la minoranza, a propria volta, deve rinunciare alla fronda: provare a ricostruire un polo centrista forte nella destra va benissimo a tutti ma senza attentare alla stabilità del governo perché l’accordo che tiene in vita Forza Italia non è quello fra Tajani e Ronzulli ma quello tra Marina e Giorgia Meloni. Con la difesa dell’azienda da un lato e del governo dall’altro come merci di scambio.

Solo su queste basi il partito azzurro può tentare l’impresa disperata di sopravvivere a Silvio Berlusconi e, se mai riuscisse a organizzare un vero congresso, a nascere come vero partito.