Decisamente da non vedere la Fiaba di Sokurov in programmazione in alcune sale che, sfidando meritoriamente la proliferazione dei cinepanettoni in gran voga in questo periodo dell’anno, presentano il film di quello che è uno dei maestri del cinema d’arte contemporaneo. Si tratta di un’opera costata all’autore un lungo lavoro: un film di animazione in cui – su un fondale disegnato sulla tonalità di un grigio nebbioso, limbo o antinferno che sia – vagano i protagonisti della Seconda guerra mondiale: Hitler, Mussolini, Stalin e perfino Churchill, tutti messi alla pari come geni malefici del Novecento.

Nell’incontro che alcune settimane fa ha visto la presenza, a Roma, dello stesso Sokurov, il regista ha dichiarato che la Seconda guerra mondiale non sarebbe mai finita. Un’opinione che – pur prendendola come quella di un russo che ancora ne sta pagando le conseguenze, se si pensa all’enorme espansione postbellica dell’impero sovietico e poi alla sua fine – non per questo è meno sballata. L’idea di fondo consiste in un’equiparazione dei totalitarismi e della democrazia liberale britannica in quanto artefici della maggiore catastrofe del secolo scorso. Ma Stalin, nonostante tutto, non può essere messo sullo stesso piano di Hitler e Mussolini. E meno che mai può esserlo Churchill. All’interno del Novecento bisogna saper discernere: senza l’Unione sovietica staliniana – e senza l’Inghilterra di Churchill, che seppe resistere per un lungo tratto da sola –, il “nuovo ordine” europeo sognato da Hitler si sarebbe molto probabilmente realizzato, e Mussolini ne sarebbe stato il suo proconsole in Italia.

Dal punto di vista stilistico, la peculiarità del lavoro è data dall’uso di brani autentici tratti da cinegiornali e documentari, che danno alle figure in questione uno spessore inusuale nei film di animazione. Sono però di una puerilità sconcertante i dialoghi, o per meglio dire i monologhi, che dovrebbero realizzare quell’effetto di straniamento adatto a fare emergere la triste pochezza dei personaggi messi in scena. L’intento parodistico e grottesco, che il film intenderebbe perseguire, è rovesciato di continuo dalla inconsistenza di questi monologhi. Per citarne uno, Mussolini rivaleggia con Stalin nel volere essere, a sua volta, un allievo di Lenin (l’ombra dell’Ottobre sovietico pare sovrastare, nell’autore, ogni altra preoccupazione). Ora, è vero che Lenin aveva espresso parole di apprezzamento per Mussolini, unico socialista italiano capace secondo lui di guidare una rivoluzione: ma questo accadeva prima dello scoppio della guerra mondiale e della scelta interventista del futuro “duce”. Ancora una volta, bisognerebbe saper distinguere, mentre l’autore non mostra la necessaria accortezza nell’alludere al capitolo più buio della storia del socialismo e alla nascita del fascismo da una sua costola. Tutto sembra confondersi nella mente di Sokurov. Anche se si pensa a Churchill: pur essendo note le sue posizioni colonialiste e razziste, e le sue iniziali simpatie per il fascismo e il nazismo, che avrebbero dovuto fermare il comunismo, non si dovrebbe tuttavia dimenticare che proprio lui ebbe il merito di capire come la ricerca di un compromesso con l’espansionismo di Hitler fosse improponibile.

Si potrebbe obiettare che, trattandosi di un’opera di fantasia, addirittura di un film di animazione, non abbia molto senso soffermarsi sull’indistinta idiosincrasia che l’autore manifesta nei confronti dei personaggi storici. Ma non è così. La messinscena dantesca (l’incipit dell’Inferno è espressamente citato) darebbe il senso del tentativo di una grande allegoria storico-politica che, in quanto tale, però non regge. Il film è soltanto di un’ora e dieci minuti e, se fosse durato appena un po’ di più, avrebbe semplicemente annoiato lo spettatore. Può essere visto, tutto sommato, come una spia o un sintomo del malessere che regna in Russia, in quel grande Paese la cui cultura ci è cara e ha profondamente inciso nelle coscienze di noi occidentali, ma che non è riuscito, fin qui, a elaborare il lutto per il fallimento di un impero e al tempo stesso di una rivoluzione.

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