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21 Settembre 2023
Gran Bretagna, rinviati gli stop ad auto a benzina e caldaie a gas. Divisi i conservatori
Luigi Ippolito
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Londra Marcia indietro del governo britannico sulle politiche ambientali: in un discorso di portata storica, il premier conservatore Rishi Sunak ha fortemente diluito i precedenti impegni in tema di transizione energetica, con una inversione di rotta i cui effetti si faranno sentire anche fuori dalla Gran Bretagna.
Sunak ha ribadito l’impegno del suo Paese a raggiungere la neutralità di emissioni — la cosiddetta net zero — entro il 2050, ma ha aggiunto che occorre un approccio «realistico, pragmatico e proporzionato», che non finisca per «imporre costi inaccettabili alle famiglie britanniche».
Dunque il bando alla vendita di nuove automobili a benzina e diesel è stato spostato dal 2030 al 2035 (che è la data prevista dall’Unione europea), lo stesso è stato fatto per il bando alle caldaie a gas e petrolio, mentre si è rinunciato a introdurre tasse sull’aviazione e sulla produzione di carne, così come non verrà introdotto uno schema di riciclaggio dei rifiuti che prevedeva l’utilizzo da parte delle famiglie di sette contenitori diversi.
La svolta ha però spaccato il partito conservatore e suscitato reazioni negative da parte del mondo imprenditoriale. Il critico più prominente è stato l’ex premier Boris Johnson (la cui moglie Carrie è una convinta ecologista), ma tutta l’ala moderata e «verde» dei Tory ha messo in guardia dal rischio di perdere del tutto i consensi dei giovani e della borghesia liberale. I produttori di automobili, che avevano già avviato forti investimenti in veicoli elettrici e batterie, hanno stigmatizzato il clima di incertezza che si è venuto a creare.
Ma la frenata di Sunak ha trovato il plauso dell’ala destra del partito, da sempre scettica in materia ambientale: i suoi esponenti hanno salutato un approccio basato «sul senso comune», che schiera il partito «dalla parte dei lavoratori».
La svolta del governo ha innanzitutto una motivazione elettorale. A luglio i conservatori, a sorpresa, erano riusciti a mantenere il controllo di un seggio alla periferia di Londra che sembrava destinato a passare ai laburisti: a detta di tutti gli osservatori, la ragione del successo era dovuta all’opposizione all’espansione a tutta la capitale della zona a basse emissioni, una politica voluta dal sindaco laburista Sadiq Khan che finiva per imporre pesanti costi alle famiglie degli automobilisti pendolari.
Perfino il leader laburista, Keir Starmer, se ne era reso conto e aveva chiesto a Khan (senza essere ascoltato) una pausa di riflessione. Ma sono soprattutto i conservatori che hanno individuato una formidabile linea di attacco contro la sinistra: il partito di Sunak intende così presentarsi come il difensore degli interessi concreti della gente comune di fronte a chi finirebbe per scaricare i costi della transizione ecologica sulle fasce meno abbienti della popolazione.
È il sentiero stretto che i conservatori hanno individuato per rimontare lo svantaggio nei confronti dei laburisti: ma è anche una linea di divisione che si ripercuote in tutta Europa, dalla Germania all’Olanda alla Francia. L’ambiente, il prezzo da pagare per difenderlo e chi debba sopportarlo sarà il terreno di scontro di domani.