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10 Maggio 2024di Giordano Stabile
L’Arabia Saudita si ritrova al centro dei tre conflitti in corso, i due fronti caldi ucraino e mediorientale, quello in incubazione nel Mar Cinese. Il Regno dell’ambizioso principe Mohammed bin Salman è corteggiatissimo. Gli Stati Uniti hanno inviato a ripetizione non soltanto il segretario di Stato Antony Blinken ma in ultimo anche Larry Flint, presidente e Ceo di BlackRock. Washington pressa per un accordo di sicurezza in funzione anti-iraniana che includa anche Israele. Ma Riad ha posto come condizione il ritiro delle truppe da Gaza e un calendario vincolante per arrivare a uno Stato palestinese in massimo cinque anni. Le trattative si sono arenate in quel senso ma sono andate avanti nella dimensione bilaterale, con la Casa Bianca che offre un generoso trattato di difesa, in funzione anti-Iran, e la fornitura di tecnologia nucleare civile, un modo tra l’altro di monitorare questo sviluppo altamente sensibile. Dietro l’urgenza americana si nasconde come al solito la Cina. Negli accordi che un anno fa hanno portato alla normalizzazione dei rapporti fra Riad e Teheran c’era la promessa di Pechino di sostenere lo sviluppo del programma atomico saudita.
La Cina non pone alcun tipo di vincolo. Né sul rispetto dei diritti umani né sulle possibili ricadute militari, ovvero la possibilità, se necessario, di costruirsi la Bomba. E questo ai sauditi piace. Sull’altro lato della bilancia c’è la secolare diffidenza nei confronti dei “persiani” e l’alleanza quasi secolare con gli Stati Uniti. L’ultimo re a minacciarla seriamente fu Faisal, assassinato in un colpo di Stato nel 1975, dopo che aveva lanciato l’embargo sul petrolio in seguito alla guerra del Kippur. A Riad se lo ricordano bene e restano prudenti. L’ingresso negli accordi di Abramo, più volte dato per certo dai media americani, però ancora non si palesa e le condizioni poste lo rendono di fatto impossibile. E a complicare i piani di Blinken e Biden ci si è messa pure la guerra in Ucraina. L’idea di utilizzare, seppure in parte, i beni russi congelati in Occidente, non piace a Riad, che detiene centinaia di miliardi di titoli di Stato americani ed europei. «I sauditi sono inquieti», ha rivelato il Financial Times, perché temono che un giorno potrebbero finire sotto sequestro. E non sono gli unici. Gli acquisti di oro a rotta di collo da parte dei cinesi hanno la stessa motivazione. Mantenere l’ordine mondiale è sempre più complicato.