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27 Ottobre 2022La destra nello specchio dell’identità
27 Ottobre 2022di Mirella Serri
Nel suo discorso di insediamento il/la presidente Giorgia Meloni ha citato il nome dell’accademico, editore, avvocato, giornalista, romanziere, compositore, ma soprattutto filosofo conservatore, Roger Scruton, autore di oltre 50 volumi, romanzi e liriche inclusi, sulle materie più disparate. Il «principe del pensiero conservatore britannico», come la premier ha definito Scruton nella sua autobiografia, è stato però evocato quasi en passant da Meloni nel suo intervento alla Camera, indicandolo come il portavoce dell’ecologismo conservatore: «Sappiamo che ai giovani sta particolarmente a cuore la difesa dell’ambiente naturale», ha detto la presidente del Consiglio, «e, come ebbe a scrivere Roger Scruton… “l’ecologia è l’esempio più vivo dell’alleanza tra chi c’è, chi c’è stato e chi verrà dopo di noi”». Utilizzando Scruton, ha così attaccato l’«ambientalismo ideologico». Ma il filosofo – le cui opere vanno dal Manifesto dei conservatori (ristampato da Raffaello Cortina con la prefazione di Giuliano Ferrara) a La bellezza (Vita & Pensiero editore) a Il bisogno di nazione (Le Lettere) – è in realtà per Meloni molto, ma molto più che un predicatore ecologista, è l’architrave, il faro del suo stesso pensiero conservatore o reazionario che dir si voglia.
Sir Roger Vernon Scruton è scomparso nel 2020. Era nato a Buslingthorpe nel 1944 e nel Sessantotto era stato un ribelle coi fiocchi, un contestatore e un ammiratore del Maggio francese che visse nel Quartiere Latino. Salì sulle barricate per difendere le rivendicazioni degli studenti, ma ne ridiscese rapidamente e passò dall’altra parte, rinnegando i suoi trascorsi: dal 1971 al 1992 fu docente e professore di estetica al Birkbeck College, presso l’Università di Londra. In seguito insegnò negli Stati Uniti, sempre cercando di difendere a spada tratta quelle che lui definiva senza esitazione «le conquiste della cultura occidentale», le stesse che aveva cercato di demolire qualche anno prima. Si cimentò in pamphlet e saggi di veementi critiche all’antirazzismo, al disarmo nucleare, al multiculturalismo, all’egualitarismo e al femminismo. Si entusiasmava per Margaret Thatcher, la monarchia e la caccia alla volpe. Questo filosofo dotato di aplomb, amante dei pullover di cachemire girocollo, della casa di campagna con caminetto acceso, la presidente Meloni l’aveva conosciuto circa due anni prima della sua scomparsa. «Tardi, troppo tardi», si rammarica. Lo aveva incontrato al Partito dei Conservatori e Riformisti europei, di cui Meloni ha la guida. Uno scrittore che «mi ha aiutato a disegnare i tratti di quello che faccio più di molti autori letti in gioventù», racconta la leader di FdI, «poiché non c’è partito che possa definirsi di destra in Occidente che non sia debitore di Scruton».
Dopo la parentesi libertaria, Scruton, innamorato dell’Italia, pugnace sostenitore della bellezza, cambia registro: così una delle opere che conquista la futura premier è il saggio How to Be a Conservative, la Bibbia in cui Scruton spiega che «i conservatori fanno propria la visione della società di Burke… credono nell’associazione civile fra vicini, piuttosto che nell’intervento dello Stato; e ammettono che la cosa più importante che un vivente può fare è di insediarsi, farsi una casa e passarla poi ai propri figli». Seguendo Scruton, la battaglia ecologica per Meloni si trasforma in sinonimo di nazionalismo, autarchia, valori spirituali, difesa della casa, delle proprie cose, lotta all’immigrazione, tutela dei confini della patria e antieuropeismo, anche in virtù della conservazione del patrimonio artistico degli italiani. Il riferimento di Scruton a Edmund Burke non è casuale: precursore del romanticismo inglese, Burke fu chiamato il Cicerone britannico e fu soprattutto un critico della rivoluzione francese: la sua riflessione politica e filosofica è stata utilizzata da Scruton come un manganello contro chi esalta l’Illuminismo e i principi di libertà, fraternità e uguaglianza. Questo connotato di polemica anti-illuminista e antifrancese, che appartiene a Burke e a Scruton, oggi potrebbe rivelarsi una miccia, qualcosa di assai scomodo per Meloni nell’alleanza con i francesi governati da Emmanuel Macron, assai orgoglioso dell’eredità dei pensatori illuministi de l’«Encyclopédie».
Roger Scruton, sostenitore della Brexit, è stato il maestro anche della Meloni antieuropea. L’opera del pensatore britannico ha messo in guardia Giorgia dai pericoli della «falsa Europa», ovvero dall’Europa che è «utopica e potenzialmente tirannica», che minaccia le nazioni con la morsa soffocante di un’ideologia che è come una gabbia e una prigione. I cittadini del Vecchio Continente, secondo Meloni, odiano questa Europa così difficile da digerire. Un’insofferenza radicale, che i Soloni dell’europeismo fanno finta di non sentire e di non vedere, al punto da volere «più Europa» e per i quali «la risposta alle crisi è sempre una maggiore cessione di sovranità a Bruxelles». Queste prese di posizione attualmente non fanno più parte del patrimonio culturale di Meloni che le ha pubblicamente rinnegate. Ma fino a pochissimo tempo fa lastricavano la strada maestra della sua riflessione politica-culturale.
Infine il pensiero di Scruton, sposato più volte, ha guidato la leader di Fratelli d’Italia anche nella difesa ad oltranza della famiglia più tradizionale: «La vera ragione per cui le persone sono conservatrici è che sono attaccate alle cose che amano e vogliono preservarle da abusi e decadimenti», ragiona Scruton, fermamente impegnato a salvaguardare la veneranda istituzione famiglia dall’attacco di un’ideologia «globalista». La sua discepola glossa: «Se ci fate caso, tutti i presidi identitari, tutto ciò che ci distingue è avversato con ogni mezzo: la famiglia, come la nazione, l’identità di genere come la religione». Questi principi basilari del rapporto Scruton-Meloni, se fossero stati evocati dalla premier nel suo pronunciamento alla Camera, sarebbero suonati come provocazioni. L’esternazione avrebbe mandato a carte e quarantotto il castello di equilibrismo costruito dalla presidente per riposizionarsi in Europa e nelle relazioni internazionali. In ogni caso, non è detta l’ultima parola. La presidente potrebbe in futuro recuperare l’intero patrimonio di cui è debitrice a Scruton. Il tempo, si sa, è galantuomo.