Aggiornamento delle ore 0.50 del 23 novembre 2023: Secondo il governo Netanyahu il cessate il fuoco non inizierà prima di venerdì 24 per disaccordi sulle tempistiche e le liste dello scambio tra ostaggi e prigionieri.

Safwat Kahlout sa bene cosa farà oggi dopo le 10, non appena scatterà la tregua di quattro giorni a Gaza tra Israele e Hamas. «La mia auto ha ancora qualche litro di benzina nel serbatoio e andrò a Gaza city, per controllare se casa mia è ancora in piedi. Potrò usare la macchina per un tratto, poi andrò a piedi» ci diceva ieri Kahlout, producer di una nota tv araba, sfollato qualche settimana fa assieme ad altre centinaia di migliaia di civili, nel territorio meridionale di Gaza. «Sapere cosa è accaduto alle case è il desiderio di tutti», ci ha spiegato Kahlout «siamo scappati subito (su intimazione dell’esercito israeliano), non sappiamo se parenti, amici e vicini di casa siano ancora vivi.

E se i morti abbiano avuto una sepoltura. Si vive come sbandati da settimane. Io sono fortunato, vivo in una casa, senza luce e acqua ma è una abitazione, e abbiamo un bagno. Nelle scuole e nei rifugi c’è un bagno in media per 160 persone. Tutti viviamo nella paura di restare uccisi in qualsiasi momento in un bombardamento israeliano». Per Kahlout lo stop all’offensiva israeliana significa anche cercare cibo e riempire le taniche di acqua potabile, senza temere la morte che arriva dal cielo. «Manca tutto a Gaza – ha sottolineato – e i prezzi sono saliti alle stelle, un chilo di zucchero prima costava tre shekel, oggi 30 anche 40 shekel, e trovarlo è una impresa».

Oggi e nei prossimi tre giorni si prevede che migliaia di sfollati palestinesi proveranno a tornare al nord approfittando del cessate il fuoco. Le possibilità che trovino le loro case sono ridotte al minimo. Negli ultimi giorni Israele ha esteso la sua offensiva a nord-est, verso il campo profughi di Jabaliya e l’area di Touffah. Due giorni fa è stato colpito anche l’ospedale Al Awda e l’Unrwa (Onu) ha denunciato la distruzione completa di due scuole.

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Francesca Albanese: «La politica è inerte di fronte a un’istanza di pulizia etnica»Forze israeliane hanno lanciato volantini su Shajayeh (raso al suolo durante la guerra del 2014) e i quartieri orientali di Gaza city intimando agli abitanti di allontanarsi in anticipo su nuovi pesanti raid aerei. Soltanto a Gaza city sono decine di migliaia gli edifici distrutti o danneggiati in modo irreparabile dalla pioggia di bombe sganciata dagli aerei israeliani dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas in cui sono rimasti uccisi circa 1.200 soldati e civili, altri 240 israeliani e cittadini stranieri sono stati presi in ostaggio. La rappresaglia israeliana ha ucciso oltre 14mila palestinesi, i feriti sono 35mila, 7 mila i dispersi. Ieri altri morti e feriti in un bombardamento su Khan Yunis.

La tentazione di cacciare via i palestinesi di Gaza dalla loro terra continua a serpeggiare tra ministri e personalità della destra israeliana. Ultima sostenitrice in ordine di tempo del cosiddetto «reinsediamento volontario» proposto dalla ministra dell’intelligence Gila Gamliel, è l’ex ministra Ayelet Shaked convinta che ogni paese, non solo arabo, dovrebbe assorbire alcune decine di migliaia di abitanti di Gaza nel quadro dell’unica «soluzione possibile».

Sarà tregua per quattro giorni. Dopo Hamas anche il governo Netanyahu martedì notte ha approvato l’accordo mediato dal Qatar, assieme ad Egitto e Usa. Dei circa 240 ostaggi portati con la forza a Gaza il 7 ottobre, saranno rilasciati 30 bambini e ragazzi (altro 10 restano a Gaza per ora) nelle mani di Hamas, otto madri (una delle quali ha partorito nei giorni scorsi) e 12 donne, in gruppi di 12-13 persone al giorno. Saranno consegnati alla Croce Rossa che li trasferirà alle forze armate israeliane.

Sono tutti israeliani (lo Stato ebraico ha chiarito che degli stranieri, in maggioranza manovali asiatici, dovranno occuparsi i loro paesi con trattative separate con Hamas). Tre di loro sono in possesso anche del passaporto statunitense, tra cui Abigail, una bimba rimasta orfana – i genitori sono stati uccisi il 7 ottobre -, che domani festeggerà, forse da libera, il suo quarto compleanno. Sono numerosi i bambini e ragazzi israeliani che hanno perduto uno o tutti e due i genitori nell’attacco di Hamas. Per i minori palestinesi il problema degli orfani si prevede gigantesco: si parla di centinaia di bambini e ragazzi rimasti senza padre e madre. Senza dimenticare che migliaia di bambini sono stati uccisi dalle bombe, molti altri feriti gravemente e tanti saranno disabili per il resto della loro vita.

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Lo «scambio» non ferma il terroreDa oggi Hamas, che dice di avere 210 ostaggi – gli altri sono prigionieri del Jihad islami -, si attiverà per localizzare altre madri e bambini israeliani. In ogni caso libererà solo civili, non i soldati. In cambio Israele scarcererà 150 prigionieri politici palestinesi, quasi tutti donne e adolescenti della Cisgiordania e Gerusalemme Est. L’eventuale rilascio di ogni dieci ostaggi aggiuntivi comporterà un ulteriore giorno di tregua per un massimo di dieci giorni senza guerra.

Il governo Netanyahu ieri ha pubblicato una lista con i nomi di 300 detenuti palestinesi, in prevalenza ragazzi e giovani in «detenzione amministrativa» (senza processo) o che sono stati condannati a pene ridotte. Non ci sono nomi di rilievo politico.150 saranno rimessi in libertà durante questa tregua, altri 150 solo se ci saranno accordi successivi. I cittadini israeliani per 24 ore potranno presentare ricorso contro la loro scarcerazione alla Corte suprema. Israele consentirà inoltre l’ingresso di altro carburante a Gaza nonché di maggiori quantità di aiuti umanitari per i civili palestinesi. E sospenderà i voli di droni sul sud di Gaza e li effettuerà solo nel nord per sei ore al giorno.

La tregua non durerà più di qualche giorno. Il gabinetto di guerra presieduto da Netanyahu, confermando l’intesa, ha affermato l’offensiva riprenderà con grande forza per distruggere Hamas. Il movimento islamico da parte sua ritiene di aver incassato un successo a suo favore costringendo Israele a trattare la liberazione di prigionieri politici palestinesi. «Per il dopo cessate il fuoco c’è tanta paura tra la gente, perché l’esercito israeliano ha detto che avanzerà verso sud» ci diceva sempre ieri Safwat Kahlout. «In questo momento – ha concluso – a Gaza si pensa a come sopravvivere e non ai proclami di vittoria dell’una e dell’altra parte. La guerra di Israele non è finita».