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Il 15 agosto, alla base militare di Elmendorf-Richardson ad Anchorage, in Alaska, Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno per un faccia a faccia che promette di essere carico di implicazioni politiche e simboliche. Non è solo la prima volta che i due leader si vedono in territorio statunitense da decenni, ma anche la scelta di una sede che richiama il passato russo e, allo stesso tempo, offre a Putin un contesto giuridico protetto, vista la mancata adesione degli Stati Uniti alla Corte Penale Internazionale. Trump ha definito l’appuntamento un’occasione per “ascoltare” e “capire” l’interlocutore, ma ha anche avvertito che, se non ci sarà un cessate il fuoco in Ucraina, sono pronte “conseguenze molto gravi”, comprese nuove sanzioni e dazi. Negli ultimi giorni, le sue parole hanno destato inquietudine in Europa e a Kiev, soprattutto quando ha accennato alla possibilità di “scambi di territori” come parte di un eventuale accordo, ipotesi respinta con fermezza da Zelensky e dai governi europei, preoccupati per il rischio di una “seconda Yalta” che comprometta la sovranità ucraina. Il presidente ucraino, escluso dal vertice principale, ha ribadito che nessuno può firmare accordi in sua assenza, mentre Trump ha lasciato intendere di voler organizzare in seguito un incontro a tre. La tensione è alimentata anche dal formato dell’appuntamento: poche persone nella stanza, solo interpreti e niente consiglieri al fianco dei leader. Un’impostazione che richiama precedenti controversi, come quando, dopo il vertice del 2018 a Helsinki, Trump citò Putin per negare l’interferenza russa nelle elezioni americane. I critici temono che, pur di non uscire a mani vuote, il presidente americano possa accettare concessioni che favoriscano Mosca. I sostenitori, al contrario, vedono nel suo approccio diretto e “istinto” per la negoziazione un’opportunità per sbloccare lo stallo. In un contesto in cui ogni parola sarà letta come un segnale politico, il summit di Anchorage non è solo un incontro bilaterale: è un banco di prova per l’equilibrio internazionale, con l’Europa e l’Ucraina in attesa e con Putin pronto a sfruttare ogni spiraglio per consolidare le proprie posizioni.