
Meloni all’ONU: un discorso per Trump, non per il mondo
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Donald Trump ha smesso di fingere: la guerra in Ucraina, dice, «non finirà mica». Non un’analisi geopolitica, ma una strategia commerciale: lui vende le armi, gli europei le pagano, e poi «good luck to all». Tradotto: arrangiatevi.
La scena all’Onu è stata chiara. Trump ha ribadito di avere «sempre avuto un buon rapporto» con Putin, ma non ha più promesso la pace in 24 ore: ora si limita a garantire forniture militari, a pagamento. Il nuovo equilibrio trumpiano è questo: l’Europa diventa cliente e scudo, l’America incassa e resta protetta dall’oceano.
Il problema non è solo Trump, ma Bruxelles. Ursula von der Leyen non solo incassa i colpi (e le umiliazioni, come la conferenza stampa con sole bandiere americane sullo sfondo), ma rilancia: sanzioni più dure sull’energia russa, acquisti di gas Usa per 750 miliardi, piani per il «muro di droni» entro un anno. Una Commissione che sembra più preoccupata di compiacere Washington che di costruire una vera autonomia strategica europea.
È il paradosso: Trump lancia una trappola – trasformare l’Europa in una macchina da riarmo e lasciare agli europei il peso dell’escalation – e i leader Ue ci cadono dentro con entusiasmo. La guerra si allunga, il conto lo pagano i cittadini europei, mentre a Washington si brinda.
Se questa è la «svolta» della politica estera occidentale, è una svolta che porta dritto a una dipendenza militare ed energetica dagli Stati Uniti, non a un’Europa più libera.