The Art of Building Competition 2022 – in immagini
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18 Dicembre 2022Un coreografo spiega perché il calcio è una danza.
In realtà non mi interessa chi vince la Coppa del Mondo, ma mi definisco un tifoso. Anche se so poco di calcio, amo il complesso e ardente gioco dei corpi. Sono un coreografo di professione, e il gioco, con le sue regole sulla vicinanza, il tempo e il movimento, si svolge per me come uno spettacolo teatrale.
Ecco cosa vedo. Il calcio è un ballo di gruppo teso con un ritmo veloce su un palco rettangolare verde. I giocatori sono creature arcane, le loro quattro appendici reinventate; attivano la testa e il petto in tandem con le gambe, una specie di rettile senza braccia. Le braccia penzolano senza un gesto preciso, inutile, addirittura illegale. La parte superiore del corpo si muove a spirale e ruota, si tuffa e si inchina. Il virtuosismo si gioca nei piedi: a volte forti e lunghi, come durante un calcio di rinvio; a volte minuscolo e preciso, come durante una serie di passaggi. E tutto questo avviene di concerto con gli altri ballerini. Duetti e terzetti di corpi si formano e si disperdono in tempi intensificati e pause tese; si piegano e si inarcano in risposta alla possibilità che la palla – quel prezioso protagonista – diventi loro per un momento.
Sia la danza che il calcio sono composti, essenzialmente, da corpi che si muovono nel tempo e nello spazio. Ma la distanza tra il calcio e la danza risiede nelle loro diverse intenzioni. Il calcio si concentra sugli obiettivi e sul combattimento necessario per segnarli; la sua estetica è modellata da questo. Nella coreografia, l’estetica viene affinata e modellata nel tempo dall’artista; sono il lavoro stesso, un gioco senza scopo.
Tuttavia, i fan del calcio estasiati mi ricordano un’idea della danza: la simpatia cinestetica . Quando guardiamo qualcuno saltare sul palco, il nostro stesso corpo salta dentro; quando guardiamo un giocatore di calcio che salta per un colpo di testa, l’alto e il basso del movimento si rispecchia in noi. Gli stadi della Coppa del Mondo e i bar locali in tutto il mondo sono pieni di questa mimica interna in questo momento. Noi tifosi rispecchiamo le dinamiche fisiche del gioco; nel nostro corpo la partita è finita. Come i giocatori, saliamo e rifluiamo. Per quanto siamo intenti a vedere la nostra squadra vincere, il gioco stesso è ciò per cui siamo qui; la sua danza avviene dentro di noi indipendentemente dal risultato.
E ci uniamo felicemente allo spettacolo dei sentimenti: gioia, rabbia, dolore. Le nostre grida, canti e schiaffi accompagnano la danza. Qui diamo libero sfogo alle nostre emozioni. Nessuno ci chiede di calmarci, di tenerlo insieme. Sono i giocatori che sono gli adulti nella stanza; sono al lavoro, immersi in una bolla di concentrazione.
A volte, c’è una strana coda a tutto questo. In caso di pareggio irrisolvibile il tempo rallenta e si resta ai calci di rigore che sbloccano la situazione: duetto tra la diva rigorista e il maestro portiere. Diventa qualcosa che i fan devono sopportare: una crisi. Rende il gioco un’esperienza di forza d’animo, lealtà e sopravvivenza per il pubblico.
Quando la partita finisce, l’atto finale è giocato dai tifosi. La scorsa settimana, tornando a casa dal teatro di Lione, in Francia, ho sentito una folla di giovani cantare. Quando ho girato l’angolo, ho visto un gruppo di tifosi marocchini in un bellissimo movimento spontaneo, con bandiere che in realtà erano solo pezzetti di stoffa rossa. Alzavano le braccia in alto e saltavano in certi momenti della canzone in un unisono perfetto e irregolare, e le luci dei loro telefoni illuminavano le bandiere rosse nel cielo scuro. È stata una bellissima coreografia. Il Marocco aveva battuto il Canada ed era passato al turno successivo della competizione. Per il momento, questi tifosi stavano vincendo. Ed esprimevano la gioia come fanno sempre le persone: attraverso la danza.