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di Enrico Nistri
Poche parole come il vocabolo «indotto» usato come sostantivo si sono prestate negli ultimi anni a un uso strumentale, volto a ribaltarne il significato e a fornire lustro ad attività che non recano ricchezza a un territorio ma si traducono nello sfruttamento opportunistico di beni e situazioni ad esso riferibili. Secondo l’autorevole Dizionario Treccani di economia e finanza, l’indotto costituisce l’«insieme delle attività economiche che un’impresa genera in altri settori produttivi o imprenditoriali» (per intenderci, l’indotto della Fiat o della Piaggio). Però, con una specificazione più ampia, nell’ambito commerciale può significare l’insieme delle «attività nate per soddisfare la domanda di servizi commerciali o tecnici di supporto (trasporti di persone o di beni, logistica, assistenza)» nel caso di singoli eventi come mostre, manifestazioni sportivi, fiere. La pretesa dei titolari di imprese di Ncc di nobilitare la loro attività perché creerebbe un indotto per Firenze è un classico esempio di ribaltamento del rapporto causa-effetto. Non sono infatti autovetture noleggiate con conducente, provenienti spesso da tutta Italia, a creare ricchezza a Firenze generando un indotto, ma è Firenze, con i suoi tesori d’arte, con le sue bellezze, con i suoi eventi a creare un ricco indotto per attività che, per quanto legittime ove esercitate nel rispetto delle norme, non recano ricchezza alla città.
Anche se in certi casi, è onesto riconoscerlo, suppliscono a carenze a volte vergognose dei servizi pubblici.
A produrre indotto per Firenze e per la Toscana sono le residue attività artigianali e industriali, dalla General Eletric all’industria del glamour, quando non delocalizza le produzioni in altri continenti e si affida a terzisti operanti nella regione; sono i grandi e qualificati eventi culturali (non magari i musei d’occasione spuntati come funghi in occasione di particolari ricorrenze), sono gli incontri sportivi, i megaconcerti, i grandi appuntamenti della moda. Attività, specie quest’ultime, di cui le società di vetture noleggiate con conducente beneficiano largamente.
Le auto scure con i finestrini posteriori abbrunati, che stazionano (o sostano? la distinzione è sottile) davanti ai grandi alberghi, ma anche nelle piazze pedonalizzate, non recano un reale beneficio all’economia cittadina; si limitano a beneficiare del richiamo che Firenze esercita, per quanto i fiorentini spesso facciano di tutto per appannarlo con uno sfruttamento spesso gretto e sfacciato dell’industria del forestiero o, come nel caso dei tassisti, con l’anacronistico arroccamento in difesa di privilegi corporativi.
Per questo è giusto chiamare le cose con il loro nome. L’esperienza insegna che la distorsione del linguaggio è spesso preludio di ben più gravi stravolgimenti. È maledettamente facile passare dalle parole ai concetti, e dai concetti alle cose.
Anche per questo non facciamoci «indurre» nella tentazione di chiamare indotto quello che indotto non è. A rischio di passare noi per indotti, ma nell’accezione etimologica del vocabolo, derivante dal latino indoctus: «Non dotto, e più spesso incolto, privo di dottrina e d’attenzione».
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