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Quella che si apre oggi è una settimana decisiva per Mediobanca. Scade infatti il termine entro cui gli azionisti devono registrare le proprie azioni per poter votare all’assemblea di giovedì 21 agosto, chiamata a decidere sull’Offerta Pubblica di Scambio su Banca Generali. Senza questa registrazione non sarà possibile esprimersi su un’operazione che vale oltre sei miliardi di euro e che potrebbe cambiare i rapporti di forza tra i grandi nomi della finanza italiana.
La partecipazione al voto dovrebbe aggirarsi intorno al 75-76% del capitale. Da un lato, il fronte favorevole conta sull’appoggio di grandi fondi internazionali e di Unipol, arrivando a circa un quarto dei voti. Dall’altro, un blocco consistente di contrari e potenziali astenuti – tra cui Delfin, Caltagirone, fondi italiani e casse di previdenza – rappresenta già circa il 40% del capitale. In questo quadro, anche le astensioni pesano come voti contrari, rendendo l’esito tutt’altro che scontato. Sullo sfondo resta il rapporto con Generali, perché l’accordo di distribuzione con Banca Generali prevede la decadenza in caso di cambio di controllo. Mediobanca ha proposto di confermarlo e di prolungarne la durata, ma il consiglio del Leone per ora si è limitato a prendere atto senza sbilanciarsi.
In parallelo resta aperta la partita di Monte dei Paschi di Siena, che ha lanciato un’offerta ostile proprio su Mediobanca. L’adesione finora ha raggiunto il 13,5%, segno che la banca guidata da Luigi Lovaglio sta guadagnando consensi, ma è ancora lontana dall’obiettivo dichiarato di arrivare a due terzi del capitale. In realtà, per esercitare il controllo potrebbe bastare una quota intorno al 35%, seppure con margini stretti e una governance complicata. Il ritorno di MPS sulla scena non è casuale: dopo anni di difficoltà, la banca senese è tornata a produrre utili significativi, oltre due miliardi nel 2023, e ha distribuito il primo dividendo dal 2010. Lo Stato, che era entrato nel capitale per salvarla nel 2017, ha progressivamente ridotto la propria partecipazione fino a circa l’11,7%. Gli stress test europei hanno certificato una solidità patrimoniale superiore alla media e le agenzie di rating hanno riportato i giudizi sulla banca a livello “investment grade”.
Accanto a questi segnali positivi, restano però nodi non risolti: a ottobre inizierà a Milano un processo che coinvolge quattro ex dirigenti, accusati di falso in bilancio e manipolazione di mercato. Vicende che non toccano direttamente la gestione attuale ma che ricordano quanto pesi ancora l’eredità del passato.
Il voto in Mediobanca, l’offerta di MPS e le trattative con Generali si intrecciano così in un mosaico complesso. Da una parte Mediobanca cerca di rafforzare la propria posizione nel risparmio gestito attraverso Banca Generali, dall’altra MPS punta a consolidarsi dopo anni di ridimensionamento e vede nello scontro con Piazzetta Cuccia un’occasione per tornare protagonista. Qualunque sarà l’esito, la posta in gioco non riguarda solo le singole società: in ballo ci sono gli equilibri futuri del sistema bancario italiano, con conseguenze dirette sulla governance di Generali, sulla capacità competitiva delle banche e sul ruolo stesso della finanza nazionale nel più ampio scenario europeo.