
Notizie nazionali e internazionali. 3 ottobre 2025
3 Ottobre 2025
Caccia, sottomarini, missili: il riarmo di Crosetto costa 40 miliardi
3 Ottobre 2025Negli ultimi mesi l’Unione Sindacale di Base ha guidato una mobilitazione capace di unire mondi diversi: portuali, studenti, lavoratori pubblici e privati. L’innesco è arrivato dalle banchine, dove i portuali hanno scelto di opporsi al traffico di materiali militari diretti verso Israele. A Taranto un presidio notturno ha impedito l’attracco di una petroliera con 30.000 tonnellate di greggio; a Genova, Trieste, Ravenna e in altri scali italiani si sono moltiplicati i blocchi contro le spedizioni di armi. A Trieste oltre 1.500 persone sono scese in corteo, affiancando i lavoratori portuali e trasformando una protesta di categoria in una mobilitazione cittadina.
Sui numeri complessivi, le stime oscillano: dalle 100.000 presenze calcolate con prudenza fino al milione rivendicato dagli organizzatori, con picchi di centinaia di migliaia di manifestanti nelle grandi città. Più del dato statistico, colpisce la composizione: operai, insegnanti, dipendenti pubblici, studenti, migranti, precari. Un mosaico di mondi che difficilmente trovano spazio nella politica tradizionale ma che nelle piazze hanno trovato un terreno comune.
Questa trasversalità spiega la crescita dell’USB, sindacato che si distingue per strutture orizzontali e assenza di figure gerarchiche rigide. La possibilità di partecipare da pari a pari attrae soprattutto i giovani, abituati meno ai modelli classici di rappresentanza. Non è un caso che negli ultimi anni l’USB abbia consolidato la propria base più nei servizi, nella scuola e nella pubblica amministrazione che nelle fabbriche.
Il punto di forza del movimento è la capacità di legare questioni globali e locali: il sostegno alla causa palestinese si intreccia con battaglie su salari, diritti e condizioni di lavoro. Resta l’incognita di come trasformare questa energia in un progetto politico stabile: per molti, la piazza è un gesto immediato e necessario, mentre la via delle urne appare lontana e poco attraente.
Lo sciopero generale non è stato quindi soltanto un segnale sulla guerra a Gaza, ma anche una sfida agli equilibri del sindacalismo italiano. I dati sull’adesione mostrano che esiste un popolo del lavoro che non si riconosce più nei sindacati confederali, percepiti come troppo istituzionali. L’USB e le altre sigle di base intercettano questo malessere e lo traducono in mobilitazioni dirette, radicali, spesso scomode. È questa capacità di rendere visibile un dissenso diffuso, e di farlo fuori dai canali tradizionali, che spiega perché oggi i confederali si trovino costretti a rincorrere.